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07 Ottobre 2009

Sentire l'Altro. Conoscere e Praticare l'Empatia

Letture consigliate

Sentire l'altroSentire l'Altro
Conoscere e praticare l'empatia
di Laura Boella
Raffaello Cortina Editore, 2006
pagine XXXI-118
€ 11,50

 

"... un'esperienza tipica della vita metropolitana: a una sovreccitazione nervosa prodotta da un eccesso di stimoli, visivi, uditivi, tattili corrisponde un vuoto di esperienza sensibile o, meglio, un'insensibilità. Sono urtata, colpita, spesso dolorosamente, da colori, odori, corpi che mi cadono addosso, che mi si impongono al contatto, che mi stanno troppo vicini su di un autobus, in un cinema. Si tratta di creature ignote e in un certo modo invisibili, prive di forma e di figura. Non hanno nome, ma soprattutto non entrano realmente nel mio spazio vitale ed esistenziale: non le vedo e non le sento, non so nulla di loro, non le identifico in alcun modo. Nei non-luoghi del traffico metropolitano - hall di albergo, stazioni, aeroporti, sopraelevate, centri commerciali - si incrociano non-persone.
In questi spazi di solitudine, tutti sono però in attesa di uno sguardo o di una parola."

Con questo squarcio di vita moderna Laura Boella, professoressa di filosofia morale presso l'università di Milano, ci traspone direttamente nel nucleo denso e vivo del tema di questo libro: sentire l'altro.
Io non sono semplicemente una macchina che rileva ostacoli, ma "sento la presenza intorno a me di individui dotati di un corpo vivo e di un io, differenti dalle pietre e dalle cattedrali", e "mi rendo conto" dell'esistenza dell'altro in quanto soggetto vivente di esperienza come me.
Mi accorgo di qualcosa che, "affiorando d'un colpo davanti a me, mi si contrappone come oggetto" [1]. Ma non come un tavolo. "Il corpo dell'altro non è infatti solo una cosa tra le cose, ma è un corpo vivo. E questo dato di fatto ha una prima, fondamentale conseguenza: non c'è percezione dell'esistenza dell'altro, neanche a questo primo livello interamente sensibile dell'incontro dei corpi, se l'altro è considerato esclusivamente come un corpo fisico, da guardare come se fosse un quadro, una macchina o una pietra."

Nell'incontro mi ritrovo d'un colpo in una relazione, in prossimità di un vissuto che non mi appartiene, ma che in qualche modo riconosco, di fronte alla possibilità di accogliere l'invisibile che si manifesta nella postura del corpo e nell'espressione del volto dell'altro, non completamente riducibile alle datità presenti. L'incontro rivela l'ignoto dell'esistenza dell'altro e per contraccolpo la mia opacità, l'ingombro del sé: "C'è estraneità e familiarità, attrazione e repulsione, vicinanza e lontananza." La coesistenza di io e altro da io, questo margine sfuggente, genera una depressione che chiede di essere riempita: sorge il bisogno di capire. "Il ponte verso l'altro viene gettato, se sarò in grado di compiere nell'immaginazione insieme a lui il suo vissuto, di lasciarmi guidare dal suo dolore e dalla sua gioia fino a essere trascinata dentro, quasi vivessi la stessa esperienza, ben sapendo che non mi sarà mai dato di viverla direttamente al suo posto."

Ma così non corriamo il rischio di illuderci, di vedere quel che non c'è, di staccarci completamente dall'altro e attribuirgli arbitrariamente sentimenti ed emozioni? È il carattere indiretto del rapporto con l'esperienza dell'altro che rende rischioso l'incontro: è uno scontro tra guerrieri, scrive l'autrice. E arroccarmi nel mio io e attuare una strategia di controllo per salvaguardarmi è un'illusione perché è "già avvenuto un passaggio fondamentale, quello dell'intreccio tra l'esperienza di sé e l'esperienza dell'altro... la posizione dell'io e dell'altro non è mai fissa." Ma è al contempo la possibilità di modificazione del proprio orizzonte di esperienza: attraverso l'immaginazione e la memoria tentiamo di metterci nei panni dell'altro facendo, però, i conti con la presenza reale in carne e ossa dell'altro. "Il suo corpo vivo chiama costantemente alla verifica e al controllo del "mettersi al posto dell'altro" con i dati della percezione sensibile, di ciò che si mostra alla vista, all'udito e al tatto." Si tratta di un lavoro concreto di risonanza mentale e corporea, di trasferimento, di trapianto e di traduzione delle esperienze in virtù di una sensibilità che coinvolge il corpo e la persona nella sua interezza, non riducibile a operazioni intellettuali, fredde e astratte.
Tutto questo va sotto il nome di empatia e questo breve libro è il tentativo di far chiarezza nelle ambigue interpretazioni del significato di una delle dimensioni più importanti dell'esperienza umana: il fondamento di tutti gli atti (emotivi, cognitivi, volitivi, valutativi, narrativi ecc.) con cui entriamo in rapporto con un'altra persona.


[1] E. Stein, Il problema dell'empatia. Roma, Studium, 1998.


di Fabio Negro
Redazione ASIA


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