asia
13 Novembre 2012

Caccia fuori controllo: quando l’uomo uccide l’uomo

Puoi uccidere per te,
per la tua compagna e per i tuoi cuccioli,
se è necessario e se ne hai la forza;
ma non uccidere per il piacere di uccidere,
e ricordati sette volte di non uccidere mai l'Uomo.

R. Kipling, I libri della Giungla

Non siamo più in un’epoca in cui la caccia è necessaria al nostro sostentamento. Oggigiorno la caccia è prima di tutto uno sport. C’è chi crede in questo sport e che vede gli animali come prede o come trofei; c’è invece chi li vede come vittime e lotta in difesa dei loro diritti. Nel primo caso, la vita dell’animale è subordinata a quella dell’uomo, ma non più per motivi di sopravvivenza. Nel secondo caso, invece, viene vissuta una compassione che si estende a tutte le creature senzienti, un’empatia che permette di riconoscere una violenza gratuita nell’uccisione di animali per sport. Non tutti possiedono un’empatia così estesa, ma ciò non significa che non sappiano essere empatici nei confronti della propria specie, ovvero nei confronti di altri uomini.

Eppure la caccia sembra avere superato anche questo limite: sono stati infatti contati 114 morti e 303 feriti tra le vittime umane delle armi sportivo-venatorie dei cacciatori, negli ultimi quattro anni. Com’è possibile non sentire la responsabilità di mettere in pericolo la vita di un altro uomo per sport? Com’è possibile imbracciare un fucile incuranti o inconsapevoli del rischio? E com’è possibile permettere ai civili di essere così facilmente armati? Perché di questo si tratta: la caccia, anche e soprattutto come sport, mette armi in mano ai civili. "La Rete Italiana Disarmo indica oggi in Italia 10 milioni di armi detenute ufficialmente, di cui la metà presso civili. Tra le categorie in possesso di licenza ci sono 50.000 guardie giurate, 178.000 sportivi del tiro a segno e circa 720.000 cacciatori" afferma Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell'Archivio Disarmo. Si tratta di vere e proprie armi che costituiscono un pericolo non solo per la fauna e nemmeno soltanto per i cacciatori stessi,  ma anche per i passanti ignari. Il marito di Marcella Del Longo è stato ucciso da un cacciatore che, nonostante fosse munito di binocolo e non ci fosse nebbia, ha centrato il suo cuore invece del cervo. “Non ha mai detto nemmeno ‘mi dispiace’” racconta la vedova “Oggi a quell’uomo vorrei chiedere: cos’ha visto quella mattina? Non mi risulta che mio marito avesse orecchie a punta, lunghe corna. Alcuni cacciatori hanno avuto il coraggio di chiedermi com’era vestito, come se bisognasse andare in giro a palle e strisce per non finire ammazzati”.


Un altro incidente, un cacciatore di Cuneo che per errore ha ferito a morte un collega, viene definito una tragedia. Sì, è una tragedia, ma la vera tragedia è la facilità con cui queste armi continuino ad essere messe in mano a civili, nonostante l’alto tasso di incidenti. È vero che a volte, per quanto uno faccia attenzione e voglia fare una caccia pulita, può capitare una distrazione o un imprevisto che si rivela fatale. Ma se nemmeno un cacciatore responsabile può essere certo di avere tutto sotto controllo, rendiamoci conto del pericolo quando ad essere 'legalmente' armato è una persona meno coscienziosa. "Esiste una zona grigia fra caccia legale e bracconaggio popolata di cacciatori che commettono piccole ma continue infrazioni” rivela Danilo Selvaggi, responsabile dei rapporti istituzionali della LIPU-Birdlife Italia. “Tanti sicuramente sono ligi, ma c'è pure chi s'impone tagliando reti, uccidendo per rappresaglia animali d'affezione; conversazioni sui blog rivelano disinvoltura nell'ammettere frodi e abusi” scrive Margherita d’Amico nell’articolo che vi proponiamo qui sotto. Altre volte si arriva a parlare addirittura di tentato omicidio (o di lesioni personali aggravate), come nel caso di un ex cacciatore di 81 anni che ferisce gravemente un diciannovenne, Christian Maggi, scaricandogli addosso 150 pallini di piombo. Secondo quanto riportato dal fratello di Christian, l’anziano era in cura presso l’Asl e prendeva farmaci antimaniacali: nonostante questo, gli venivano lasciati in casa due fucili.


Un altro caso che fa riflettere è quello avvenuto domenica scorsa a Nuoro e che ha visto come vittima un ragazzo di dodici anni, del quale è stata purtroppo dichiarata la morte cerebrale. Ciò che colpisce non è soltanto l'incidente (il ragazzo è stato colpito da un proiettile alla testa) ma il fatto che un minorenne si trovasse impegnato, insieme al padre e a degli amici, in una battuta di caccia al cinghiale, animale per giunta assai pericoloso quando carica. Nonostante si debba essere maggiorenni per ottenere la licenza di caccia, nulla sembra vietare che un minorenne partecipi come osservatore a una battuta di caccia. Alla falla legislativa, si aggiunge la mancanza di buon senso da parte del genitore: non è necessaria una legge per capire che determinate attività e situazioni, come appunto una battuta di caccia, mettono in grave pericolo l’incolumità di un ragazzino.


Come abbiamo visto, ogni incidente ha la sua storia: talvolta è soltanto la sfortuna a far girare la sorte, spesso è l'irresponsabilità a causare vittime. Tuttavia, in entrambi i casi è evidente che, proprio con la trasformazione della caccia da necessità a sport, sempre più spesso dimentichiamo una fondamentale e solo apparentemente ovvia verità: la caccia uccide. Ci illudiamo che sia sufficiente un sistema di regole per tenere sotto controllo quella che in realtà è una bomba sempre pronta a esplodere. Mettiamo divieti e confini, e pur sapendo che non è necessario essere bracconieri per raggirare reti e regole, o per mirare incautamente verso una casa mentre si insegue una lepre, continuiamo ad armare dei civili che mettono in pericolo altri civili. No, oggi non abbiamo più bisogno di cacciare per sopravvivere, eppure continuiamo a cacciare e a uccidere con più disinvoltura di prima, perché la caccia si è fatta sport, si è fatta gioco. E per gioco lasciamo che dei civili imbraccino armi che uccidono cervi e che uccidono uomini.


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