asia
04 Maggio 2013

Introduzione alla meditazione

Sabato 4 maggio, dalle ore 20.00 alle ore 22.30, Franco Bertossa condurrà un incontro (gratuito) di introduzione alla meditazione presso la sede di ASIA, via Riva di Reno 124, Bologna.

Per partecipare ricordiamo di indossare abiti larghi e comodi, di entrare nella sala della meditazione senza scarpe e di restare cortesemente fino alla fine dell'incontro.

Preghiamo gli interessati di consultare la pagina di ASIA su Facebook dove l'eventuale spostamento dell'incontro verrà segnalato tempestivamente.

Chi fosse interessato è pregato di comunicarlo alla segreteria di ASIA, 051 225588, orario 10 - 20 da lunedì a venerdì, lasciando un recapito telefonico, oppure di inviare una mail ad ASIA - segreteria@asia.it - così da potervi essere avvertito in caso di contrattempi.

È problematico spostare il baricentro del proprio intendimento di mondo dall'idea di se stessi in quanto "cosa tra le cose" a quello di "affacciamento sul mondo". Qualcuno ha scritto che non vi è forza più potente di un paradigma. Concordo, e quello vigente è oggettivista. Il soggetto - tu che leggi! - alla luce dell'oggettivismo, non è altro che un oggetto chiamato "soggetto".

L'esperienza dello sguardo originario e della permanenza in esso e come esso, costituisce una sfida potentissima al paradigma oggettivista.

Quando guardiamo un panorama, quello che ci cattura è il "là", come nella magnifica foto qui sopra; ci cattura il panorama mentre sempre ci sfugge il "da dove" lo vediamo.

Verrebbe da dire "dagli occhi"; ma anche se chiudiamo gli occhi, ancora vediamo. Da dove?

È possibile invertire la freccia dell'attenzione - momento che lo Ashtanga yoga di Patanjali chiama pratyahara - e risalire fino al "qui" ultimo ed originario, il drashtar, "colui che vede".

Alla prova di questo vi incito insistentemente; non liquidatelo in sede teorica.

La tesi da porre in verifica è che non solo lo sguardo, ma anche il processo del sapere più originario, il più intimamente nostro, quello che in cui riponiamo fiducia, accada nel "qui".

La verifica della tesi può essere impostata nel modo seguente:

cosa caratterizza il processo del sapere?

Un bisogno di sapere il vero su qualsiasi cosa. Criticare questo si basa sul bisogno di non essere ingannati e quindi il punto di partenza è confermato.

Ogni affermazione va vagliata da un dubbio. O no?

Quindi il processo del sapere è certamente caratterizzato anche da un dubitare, forma concisissima ed universale del domandare il quale abita lo sguardo originario.

O no? Appunto.

Ma prima ancora di domandare, dobbiamo essere stati catturati da qualcosa su cuidomandarci. Il domandare è, dunque, preceduto da un accorgersi, dal risaltare di un fenomeno che chiede la luce di una comprensione.

E ancor prima di ogni accorgersi, dobbiamo essere aperti su un ambito.


Franco Bertossa


Clicca QUI per visualizzare l'elenco delle puntate di La meditazione, alle origini del domandare

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Commenti:


 sulla meditazione  Utente
riccardo
30 Aprile 2013 - 10:04
Egr. sig.Bertossa, anzitutto complimenti per il suo impegno. Sulla meditazione ovvero su quel "pensare profondo" che porta infine al "convertirsi-cambiare mentalità" cui hanno invitato G.Battista prima e Gesù poi, credo che si possa dire che esso deve iniziare dal nostro "perderci", dall'abbandono dell' "io" che non è che l' "abbandono di paese, padre, madre, figli ecc" della tradizione giudaica ma prima ancora insegnato nel Sumero Gilgamesch. E' l'esodo duro e difficile che ci porta nel "deserto", quello stesso da cui è passato Gesù e che non è che la Selva oscura di Dante. E' il passaggio che ci permette, non ascoltando alcun "io" ma solo la "Ruah-Vento-Spirito santo-Madre", di "rinascere-resuscitare" scoprendo in noi il Verbo-Logos-Figlio di Dio universale e divenire Lui stesso. E' così che si potrà, partendo dal "sapere di non sapere" che è l'iniziale abbandono dell'io, arrivare a dire come Eraclito di "sapere tutto" ovvero come Socrate si avrà la "certezza" di "finire fra dei" e cioè, con parole della tradizione giudaica, di essere Figlio di Dio. Il Gesù qui richiamato però non è il Gesù che Paolo ha consegnato alla Cristianità, è, credo, il Gesù "diverso" che i Superapostoli insegnavano e che Paolo, non comprendendolo, combatterà. Su questo Gesù "diverso" avrei piacere, se ritiene, di consegnarle un lungo lavoro che mi sono trovato a compiere. E' un testo che Marco Vannini mi ha caldamente invitato a pubblicare e di cui autonomamente si è reso disponibile a scrivere la presentazione. Testo però difficile che nessun coraggio editoriale ha trovato. Saluti


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