La riduzione delle ore scolastiche dedicate all’insegnamento della Filosofia sta suscitando, in queste ultime settimane, grande scalpore: si tratta dell’eliminazione della disciplina “dalle tabelle disciplinari di vari corsi di laurea, come quelli di Pedagogia e di Scienze dell'Educazione, con la singolare motivazione che si tratta di una disciplina troppo specialistica”, come riportato dall’articolo di Roberto Esposito che per primo ha puntato l’indice sull’iniziativa del MIUR. “Ma c'è di peggio, – continua Esposito, – sta prendendo corpo il progetto, già sperimentato in alcuni licei, di abbreviare il ciclo delle scuole secondarie a quattro anni, con la conseguente riduzione dell'insegnamento della filosofia a due”.
Insieme a Giovanni Reale e Adriano Fabris, Esposito è promotore di una petizione che chiede non solo il blocco della riduzione o dell’eliminazione della Filosofia nell’istruzione secondaria e nell’insegnamento universitario, ma anche per chiedere al governo “impegni precisi: non solo per l’ammodernamento delle strutture scolastiche e universitarie, ma anzitutto per il sostegno e il rilancio di una cultura autenticamente umanistica”.
Molto si potrebbe scrivere (ed è stato scritto e detto) per evidenziare l’importanza della Filosofia nella cultura di un Paese e nella vita quotidiana di una persona; in proposito è sufficiente sottolineare che il fatto stesso di non saper riconoscere (e quindi argomentare) l’imprescindibilità del pensiero, nella scuola e dunque nell’educazione di un individuo, significa già non essere più in grado di pensare. Su questo (appunto) sarebbe necessaria una riflessione… se fossimo ancora in grado di farla.
Le poco nobili strategie che vengono adottate allo scopo di bandire dalla scuola pubblica il pensiero (quindi la capacità critica), così come l’educazione alla bellezza e alla profondità (quindi la capacità di introspezione ed empatia), culminano ormai con l’asportazione, nemmeno troppo chirurgica, dell’organo vitale dell’educazione di matrice europea e (è il caso di affermarlo con orgoglio) prettamente italiana: l’Umanesimo, lo studio dell’essere umano a partire da ciò che egli si domanda, da ciò che prova, da ciò che, ispirato, crea per sé e per gli altri. Le conseguenze di questo scempio sono già sotto gli occhi di chi ha avuto la possibilità di studiar(si) prima che esso avvenisse; sono e saranno invece nascoste agli occhi di quei giovani che, tragicamente, subiranno l’arbitrio di non poter essere educati a quanto di più umano li abita.
In difesa dell’insegnamento del pensiero e della sua storia si sono espressi intellettuali come Stefano Rodotà e si è formata una vera e propria Costituente di Filosofia, che si è riunita per la prima volta il 2 marzo a Roma, allo scopo di ribadire al nuovo ministro Giannini il “no” alla marginalizzazione delle discipline umanistici. asia.it vi invita a mobilitarvi, perlomeno aggiungendo la vostra firma alla petizione indetta da Esposito, Reale e Fabris, nella speranza che tale iniziativa possa ottenere maggiore riscontro di quanto non sia stato per la richiesta di “salvare” l’insegnamento della Storia dell’Arte, respinta dal precedente governo per mancanza di fondi malgrado le quindicimila firme raccolte, la sottoscrizione di uomini di cultura del calibro di Salvatore Settis e di enti come Italia Nostra e il FAI.