Vi sono almeno tre livelli di mente.
La mente relativa al primo livello è incentrata sul principio di non contraddizione aristotelico:
"È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo".
La mente relativa al secondo livello è incentrata sul senso del respingimento esistenziale:
"Non posso che essermi, ma non posso essermi."
La mente relativa al terzo livello è incentrata sul rapporto lecito dell'esistente con se stesso.
Sul primo principio si fonda il mondo che conosciamo, il mondo delle cose e degli eventi descrivibili.
Allorché è in gioco una descrizione, il principio di non contraddizione vige ed è fondamentale.
È il campo delle scienze pure e sperimentali.
Nel processo di descrizione rigorosa, incentrata sul primo principio, imbattersi nella contraddizione invalida il discorso.
Il secondo principio muove dalla capacità di cogliersi medesimalmente.
Esempio:
Dov'è il sapore di me in questa domanda?
Il sapore di voi stessi, dell'io che siete, vivo nella domanda, non potrete trovarlo e indicarlo transitivamente, come si farebbe con un oggetto, ma nondimeno lo assaporerete medesimalmente, ovvero non transitivamente. Lo siete.
Il sapore di sé è inaggredibile: l'aggredirlo avverrebbe nel sapore di sé.
Qui insisto sulla pratica meditativa.
Occorre saper permanere nel sapore di sé a lungo e intensificarlo e provocarlo con perplessità, domande e dubbi.
"Ma sono proprio certo che questa domanda abbia il sapore di me?"
"Ci sono io in questo dubbio? O no?"
Paiono domande banali, invece sono potentissimi attivatori oltreché confutatori di filosofi alla Daniel Dennett.[1]
Ma occorre farlo a lungo in assorbimento meditativo.
Così accade talvolta che dal "sé in dubbio" sorga una nuova voce, quella che Heidegger[2] chiamava il "respingente" e io la "stranificazione".
Il fatto stesso di essere - incluso il sapore di "io" - appare assurdo, per nulla scontato.
Che vi sia qualcosa - anche se assolutamente familiare come me stesso - e non invece che non vi sia, non torna e non può tornare per l'eternità.
Le tonalità che esprimono questo sentire sono di stupore, spaesamento, stranificazione, assurdo, mistero insondabile, prodigio - sebbene di nessun Dio (Dio stesso sarebbe assurdo).
Quando questo sentire si risveglia, avviene il salto nella seconda dimensione logica: non posso che essere e sentirmi "io", ma, al contempo, non posso aderire al fatto d'essere e d'essere me stesso: mi sono alieno proprio in quanto sono - e sono me stesso.
Ecco il "respingente".
Molti lo vivono negli attacchi di “panico", che io chiamerei piuttosto attacchi di assurdità esistenziale.
Nel secondo principio logico la contraddizione - ovvero: E mi sono E non posso essermi - non invalida il discorso, ma lo conferma. Mostra il fatto.
Solo chi ha vissuto quel salto può capire.
Via via che si "sfondano" le dimensioni logiche, le precedenti non restano invalidate, solo completate.
Il mondo della prima logica non ha accesso a questo; accade però che sia la scienza sia massima parte della filosofia restino e prosperino nel solo primo principio logico.
Del sentimento esistenziale possono fare benissimo a meno - e vogliono farne a meno.
In filosofia è la fondamentale differenza che intercorre tra Heidegger e Sartre[3] da un lato e Severino[4], il cui pensiero è incentrato sulla prima logica, dall'altro.
Il terzo principio logico, infine, è più profondo ancora, ma ha senso affrontarlo solo dopo lunga pratica.
Su di esso si incentrano la dimensione etica del Buddhismo - relativa al rapporto dell'esistente con il proprio essere - e l'"estinzione" (nirvana).
Non è, però, cosa da occidentali.
In Occidente semplicemente non ne è maturata la necessità.
Nei miei gruppi di meditazione io stesso lo insegno solo a pochissimi allievi anziani e molto progrediti nella via che propongo. Gente che pratica con me da venti o trent'anni.
L'Occidente è giunto solo al secondo principio attraverso le voci destate dalla filosofia esistenziale e da certa arte moderna.
Ma oggi quelle voci dormono o, qualora deste, vengono inglobate nella lettura scientifica, per cui vengono intese come disturbi nervosi da curare con molecole.
Di filosofi che rilancino la voce dell'essere io non ne conosco più.
La finestra sull'esistenza si è richiusa e il mondo è oramai totalmente consegnato alla misura e al calcolo.
Attendiamo una nuova aurora del pensiero.
[1] Daniel Clement Dennett (Boston, 28 marzo 1942), è un filosofo e logico statunitense, da sempre studioso del funzionamento della mente. È autore, con Douglas Hofstadter, dell'opera “L'Io della mente.” Appartiene alla corrente logico-funzionalista, la quale, all'interno delle scienze cognitive e della filosofia della mente vede il funzionamento della mente come caratterizzata fondamentalmente da funzioni di tipo logico e computazionale.(Wikipedia)
[2] Martin Heidegger (1889 - 1976), è stato un filosofo tedesco. È considerato il maggior esponente dell'esistenzialismo ontologico. (Wikipedia)
[3] Jean-Paul Sartre (1905 – 1980) è stato un filosofo, scrittore, drammaturgo e critico letterario francese, considerato uno dei più importanti rappresentanti dell’esistenzialismo. (Wikipedia)
[4] Emanuele Severino (1929 - 2020) è stato un filosofo e accademico italiano. Ha affrontato l'antico problema radicalizzato da Platone e Aristotele e ripreso poi in epoca moderna da Heidegger: il problema dell'essere. (Wikipedia)