asia
29 Settembre 2014

Il nulla e il divino

Iniziai la mia ricerca incentrandola su Dio.
Mi dicevo che se un senso all'esistenza del mondo e di me in esso vi era, allora non poteva che essere in Dio.
Se mai Dio fosse esistito.
Dunque mi chiedevo dell'esistenza di Dio.

Trascorsi anni sofferti; era un enigma che non riuscivo a chiarire.
Conobbi uomini e donne di grande fede, veri santi, ma constatavo che, almeno per come esponevano il contenuto del loro credo, erano solo molto molto convinti e molto coerenti nell'agire secondo tali convinzioni, ma non avevano certezze.
Incontrai cristiani, cattolici ed ortodossi (a Monte Athos), musulmani (in Siria e in India) e maestri di tradizione indu.
Nulla mi convinceva perché mi ripetevo "io non voglio credere, ma esser certo. Voglio la verità e la verità, se tale, non ha bisogno di essere creduta."

Così la tensione si arroventò nel mio cuore e nella mia mente fino a diventare il costante retropensiero anche mentre studiavo o lavoravo.

Poi accadde.

L'essere mi parlò proprio mentre stavo per abbandonare la ricerca, disilluso.
Ciò che mi svelò mai più mi ha abbandonato e, da allora, trascorro i miei giorni ringraziando.
Poi capirete chi.

Quel che ora so è che "quel" Dio, il Dio fondamento di sé e del mondo, il Dio causa sui, perde di senso allorché l'essere svela la propria verità.
Tale svelamento avviene in un lampo, in un evento che svela attraverso voci che la ragione non conosce.
Accade un certo giorno, ad una certa ora, non progressivamente.
Solo l'approfondimento di esso avviene per gradi.

Come scrisse D.T. Suzuki: - Il kensho, l'intuizione dell'essere, è assimilabile ad un fiammifero acceso d'un tratto in un grande e buia grotta. Esso fa pochissima luce, ma è visibile da ogni estremità della grotta, dunque la sua luce arriva dappertutto e fa la differenza tra buio e luce. Non è più buio.
Successivamente accenderemo tante candele e illumineremo l'intera grotta, ma l'evento più importante è quando possiamo dire "non è più buio".

L'essere improvvisamente mostra l'infondatezza di OGNI altro-da-niente.
E Dio, essendo, sarebbe anche Lui altro da niente.

Mi ritrovai così gettato nel freddo essere del mondo-senza-fondamento; senza fondamento e proprio perciò ancor più miracoloso che se fosse stato creazione di un Dio.

Ondate di stupore e incapacitazione mi travolsero.

Mi si svelava il miracolo di ciò che NON PUO' stare accadendo e però accade.

L'esser del mondo è impossibile, poiché il significato di essere costringe a distinguere ogni altro-da-niente rispetto al niente stesso. Le condizioni di possibilità dell'esistenza del mondo, ossia Dio e la sua capacità di creazione sarebbero al di qua del niente, sarebbero altro-da-niente. E in nessun modo Dio, essendo, sarebbe un puro niente.
Dunque le condizioni di possibiltà per l'essere del mondo sarebbero esse stesse senza condizione.
Si ripresenterebbe così l'infondatezza delle condizioni stesse.
E dunque dell'essere.

Il mondo è senza ragione d'essere e senza fondamento.

Il suo essere è assurdo.

Questa consapevolezza ha portato molti al nichilismo.
Se pensiamo alla drammatica frase pronunciata da Sarte all'Olympia di Parigi: "L'esistenza precede l'essenza" e ai suicidi per disperazione esistenziale che seguirono, possiamo spaventarci.

Ma per me la storia non finì in questo modo.
Essa si aprì in una Via.

Trovai che il Buddhismo muoveva proprio dalla terribile consapevolezza di un mondo essente senza fondamento: dharma (fenomeni) mossi dal karma in una semieterna successione di affacciamenti su mondi allucinati. Vita dopo vita.

Nel corso di quasi trentacinque anni molto ho indagato attraverso frequentazione di pensatori, di mistici e di maestri e ho costantemente approfondito con la meditazione le perplessità e le domande che via via emergevano.
Mi è così giunta un'ulteriore consapevolezza.

Se anche il mondo non è fondato, accade che io lo sappia in modo ultimo ed assoluto.
E non solo lo so, ma lo so in modo tale che la stessa infondatezza non mi suscita disagio, orrore, sgomento o nausea - come a Sartre - sebbene abbia sperimentato tali tonalità con molta intensità, perché ho realizzato che tale sapere dell'infondatezza, spinto alle sue estreme conseguenze, risolve gli esiti emozionali dello sconcerto per l'essere.

La vacuità può apparire terribile solo se non è compiuta.

Il non senso non coincide con la sensazione di non senso.

Quest'ultima può essere motivo di sofferenza infernale, se non risolta.

"La vacuità male intesa porta l'uomo alla rovina come un mantra mal pronunciato, come una serpe velenosa mal maneggiata." - Nagarjuna

E oggi rinvengo, nel percorso che ancora attraverso, segni di divinità, ma in un senso "altro".

Non solo è stupefacente che qualcosa si dia - e non (il) nulla - ma ancor più stupefacente è che ciò che così si dà anche sappia di essere e che tale sapere accompagni se stesso verso la risoluzione del proprio enigma.

Non una risposta, la quale non esiste né può esistere, ma una soluzione che consiste in un radicale, ontologicamente retto rapporto dell'essere con se stesso.

Tale aspetto etico è coessenziato all'essere e guida l'essere stesso a risolversi; è Sapienza che risolve il rapporto con sé e con il proprio fatto d'essere.

È Natura di Risveglio, Natura di Buddha.

Ne sono talmente meravigliato da chiamarlo divino, ma il senso è totalmente diverso rispetto a quello che intesi per molti anni, da ragazzo.

Non Dio che crea e fonda, ma sapienza che sa della gratuità dell'essere e conosce la propria cura.

Dharma.

Mi inchino più che posso e non so se mi sia possibile ringraziare adeguatamente.
Chiedo di potermi reincarnare per potere continuare a ringraziare.

Se dovessi esprimere a parole il senso della mia vita, userei le parole di Wittgenstein in punto di morte:

- Dite ai miei amici che ho avuto una vita meravigliosa.


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