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L'uomo contemporaneo non sa pił cosa pensare del fatto che pensa

"L'uomo contemporaneo non sa più cosa pensare del fatto che pensa"
Oggi l'uomo si concepisce, secondo un'espressione heideggeriana, contenuto nel mondo come l'acqua lo è in un bicchiere.
La res cogitans, la "cosa che pensa" cartesiana ha perso la sua natura originaria ed essenziale - di baricentro "spirituale" - e si ritrova gettata, alla stregua di tutte le altre cose, nella res extensa, nella "cosa estensa", nello spazio in cui le cose sono rappresentabili in dimensioni.
E dunque in funzioni e grafici.
E dunque in quella scienza che ha per statuto l'oggettivazione.
Il problema, oggi, è che non si sa più PER CHI ciò possa essere vero o verosimile - o falso.
Chi debba esserne convinto.
Ho proposto ripetutamente i tre luoghi del sapere in cui la scienza non ha pertinenza:
1. L'autoreferenza vissuta - allorché una domanda si ripiega su di sé.
Ad esempio:
"Come posso sapere che questa è una domanda?"
2. Il trascendentale kantiano: "Per poter avviare un processo di conoscenza, le condizioni di conoscenza devono GIA' esser presenti". - Cosa che resta incomprensibile ai più.
3. La differenza ontologica tra tra niente e altro-da-niente, il quale ultimo chiamiamo essente.
Ovvero: "Come mai v'è dell'essente e non niente di essente?"
E qui è notte.
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Ma sono proprio questi i tre momenti del sapere umano ai quali la scienza sperimentale non può giungere perché sono fuori dal suo statuto metodologico che è di transitività e oggettivazione: ha bisogno di mettere le cose "là davanti" per studiarle.
È invece più proprio, per noi, intenderci come "affacciamento-su-un-mondo" che come "cosa nel mondo".
Il compianto Professor Piero Bertolini, pedagogista di Bologna secondo scuola fenomenologica, usava spesso la felice espressione "Nel contesto del visibile, si affaccia un a priori".
Come lo si individua?
Esatto.
Purtroppo i più - a questa risposta - reagiscono come un giovane ricercatore in neurioscienze del Politecnico di Zurigo allorché, durante una seduta di meditazione, lo invitavo a risalire all' "affacciamento originario":
"There is not much here.."
Non v'è molto, qui.
Già rifletteva perfettamente il ruolo conferitogli dall'addestramento - peraltro di altissimo livello - ricevuto all'ETH: di promettente gran sacerdote della transitività oggettivante.
L'uomo contemporaneo si è consegnato totalmente alla transitività oggettivante: per lui tutto è rappresentazione per cui:
IO SONO LA'.
Ma cosa c'è, invece, qui, proprio qui?
Buio.
Sì, però sono "tenebre luminosissime, silenzio eloquentissimo."
Quando saremo sulla soglia della morte, probabilmente ci ricorderemo di questo, perché la scienza, capiremo allora, non servirà più a nulla.
Nessuno muore da scienziato.
Il mistero non è problema.
I problemi si risolvono, il mistero si contempla.

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