Il canto carnatico è un canto tradizionale del Sud dell’India che Frédérick Leboyer insegna in Europa da diversi anni.
E’ molto utile praticarlo sin dai primi mesi di gravidanza perchè affina la consapevolezza della respirazione addominale, così importante in gravidanza ma nello stesso tempo molto difficile da ritrovare dopo anni di tensione della muscolatura per svariate cause, non ultima la paura della “pancia”.

Un’altra parte del corpo sulla quale agisce il canto carnatico è la gola; attraverso il suono possiamo renderci conto della qualità di rilassamento della gola; è facile comprendere quanto sia importante che questa zona sia rilassata se osserviamo che, nella donna, gola e canale vaginale si “contagiano” cioè, se la gola è distesa lo è anche la zona vaginale, se la gola è contratta la stessa cosa si verifica nella regione vaginale.
Il canto carnatico inoltre, se abbinato a una pratica yoga, affina e completa il lavoro di asana purchè se ne rispettino i princìpi.

Principi del canto carnatico durante una pratica di yoga

Base d’appoggio: il canto carnatico si poggia sul silenzio, ogni suono sorge da uno stato di silenzio e concludendosi riporta al silenzio.
Mezzo regolatore: attraverso la posizione della bocca che si modifica a seconda della vocale che si emette, si regola l’uscita dell’aria producendo effetti molto diversi sul corpo e sulla mente; altro mezzo regolatore è la posizione del corpo che può esser modificata sia nel corso della gravidanza che al momento del parto, adattandola alle esigenze del momento.
Gli spazi: la pratica dello yoga ci porta a prendere contatto con la respirazione involontaria che, quando la mente è calma, comprende, l’inspiro, una pausa, l’espiro, un’altra pausa. Nel canto carnatico questi spazi sono il luogo dell’attesa consapevole dell’accadere spontaneo del respiro che permetterà il suono.
La relazione col respiro è permanente: suono e respiro sono inscindibili e, dopo la pratica di asana, questa relazione diventa consapevolezza del respiro e del suono.
La compensazione si ha continuamente: l’espiro è compensato dall’inspiro, il suono è compensato dal silenzio.
Dal silenzio si va progressivamente verso un suono sempre più intenso fino a ritornare al silenzio. Si parte da una “m” sussurrata, che introduce le note della scala indiana “sa pa sa “; si prosegue poi con la “a” la vocale più semplice da pronunciare, la “e” che è una piccola variazione della “a”, poi con la “o” che ci porta fino alla “i”, la vocale più difficile dove la donna deve usare la gola col giusto sforzo. Si ritorna più semplici con la “u” per concludere allo stesso modo in cui si è iniziato, col sussurro della “m”’.
Da qui si va verso l’immobilità cioè al silenzio; il canto carnatico non sostituisce la meditazione ma la introduce.