asia
28 Ottobre 2008

The motor (less) city

la cittą dopo il consumo

Argomento: Arte, Societą

L'etnologo francese Marc Augè li ha chiamati nonluoghi: sono quei posti di passaggio che non sono altro che ciò a cui servono. Un aeroporto non è un luogo in sé, un supermercato non è altro che un luogo di incontro tra le persone e merci, e così le stazioni, i caselli autostradali, gli Autogrill e così via.
Ma che significa che un oggetto è altro dal suo uso? Non ci sembra poi così strano che le cose siano ciò che sono solo in relazione a ciò a cui servono. Una città è tale in quanto serve per viverci, per fare affari, per divertirsi. Perché dovremmo chiamarla un nonluogo?
Il discorso di Augé è contestualizzato nel nostro vivere occidentale in cui individualismo, fretta, precarietà, novità e provvisorietà fanno del luogo antropologico un nonluogo. Se il piccolo negozio sotto casa ci poteva dare un senso di luogo in cui scambiare relazioni, scegliere le cose migliori, farsi consigliare senza fretta dalla signora Maria sulla frutta di stagione, il supermercato non è più nulla di tutto questo, ha perso la sua anima, la sua poesia, oserei dire.

Siamo quindi condannati a vivere nell'uso, nella quotidianità indaffarata senza soste, noi abitatori della surmodernità[1]? Forse no, se abbiamo la fortuna di vivere in Italia, in cui ad ogni angolo di strada ci può capitare di riportare lo sguardo indietro di molti secoli. Oppure, se ci chiamiamo Eduard Hopper, ogni nonluogo diventa un mistero abissale, che respinge e attira. I quadri più belli del grande artista americano sembrano star dicendo prepotentemente della loro esistenza.

L'arte di Hopper è indicibilmente vicina ad un quasi niente, che ritroviamo spesso in qualche nostro scatto fortunato. E proprio a proposito di fotografia, vorrei portare un altro esempio di nonluogo non indifferente, che è quello delle città abbandonate. Ho trovato alcuni siti internet in cui i giovani autori hanno salvato dal pudore mediatico gli squarci malinconici di un sogno finito, gli intrecci di vite attratte come falene da una promessa tradita e fuggite via. Parlo dei resti di Detroit, la grande città americana del Midwest degli anni '50 che oggi affronta una grave crisi economica. Molte fabbriche di automobili che hanno fatto la fortuna di Detroit sono state chiuse, chi ha potuto è andato altrove e la città ha visto ridimensionare la propria popolazione da un milione e mezzo di persone degli anni '50 a poco più di 800000 attuali. Restano le fabbriche vuote, le villette abbandonate, gli scheletri di palazzi che convivono con la parte della città che è costretta a continuare, che spera in una rivincita, che scommette contro ogni evidenza in una rinascita.

E' una città violentata dalla mentalità "usa e getta", nata dal niente un secolo e mezzo fa e che vorrebbe scomparire, ma non può. C'è chi, come seedetroit.com o come il bellisimo blog themotorlesscity.com (la città senza motore, letteralmente), cerca di farla sopravvivere attraverso la memoria, mostrando gli scheletri che nessun'altra pagina internet o nessun giornale si permetterebbe di far trapelare. Per i molti, la vecchia Detroit semplicemente non esiste, o esiste in un limbo invisibile tra la quotidianità e ciò che è adatto ad essere mostrato sui media americani.

Eppure, dopo l'usa e getta resta qualcosa degno di essere detto - un po' come le nuvole viste dalle marionette gettate via[2] nel film di Pasolini, che improvvisamente appaiono nuove e sconosciute. Forse quello che si stanno chiedendo questi ragazzi è qualcosa che supera la logica del profitto: che cosa sono le nuvole?

di Paolo Ferrante
Redazione Asia.it

Segnali:

Nonluogi su wikipedia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Nonluoghi

Un blog che riporta dei quadri di Hopper e una foto molto bella di un paesaggio urbano:
http://varie-ed-eventuali-blog.blogspot.com/2008/09/alla-maniera-di-edward-hopper.html

Foto di Detroit in vari siti:
http://www.themotorlesscity.com
http://seedetroit.com
http://www.forgottendetroit.com

Intervista a Marc Augé, etno-antropologo francese:
/adon.pl?act=doc&doc=746

[1] La surmodernità è l'attuale potenziamento all'ennesima potenza dei caratteri della modernità, sempre secondo Augé
[2] Che cosa sono le nuvole? di Pierpaolo Pasolini.


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