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10 Dicembre 2008

Dentro la mente con Edoardo Boncinelli

Edoardo Boncinelli alle Vacances de l'Esprit 2008 a San Gimignano

Immaginate tante linee parallele, un fascio di percorsi che non si toccano mai. Ogni percorso si occupa di un particolare carattere della nostra attività mentale, ad esempio nel sistema visivo ci sono vari processi che si occupano delle linee verticali, di quelle orizzontali, di un certo colore, della profondità e così via. La visione è quando queste linee si intrecciano tra loro a formare un restringimento -come la strettoia di una clessidra-, cioè la coscienza visiva. Se riuscite a estendere questo concetto a tutto quello che accade nell'enorme intrico di neuroni del nostro cervello e che giunge a consapevolezza, ecco che potrete almeno immaginare il tema del seminario invernale a San Gimignano, in cui Edoardo Boncinelli ha tentato di spiegarci le basi materiali e i modelli teorici della coscienza, in occasione delle Vacances de l'Esprit 2008. Da grande divulgatore quale è, il genetista fiorentino ci ha guidato attraverso i recessi della mente, indicandoci il presente della ricerca, il suo futuro e ciò che non si potrà mai sapere su questo misterioso fatto: sappiamo di esserci.

Innanzitutto, non possiamo prescindere dalla cruda materia, da atomi, molecole, strutture biologiche e leggi che regolano il vivente e la sua evoluzione. Quindi, quando parliamo di coscienza e di mente, dobbiamo dire che c'è un cervello, che questo cervello presiede ad un'innumerevole quantità di processi che si svolgono contemporaneamente e che ci permettono di vivere, anche se non sono tutti presenti a livello conscio. Anzi, se lo fossero saremmo nei guai, dovremmo preoccuparci in continuazione del fatto che siamo in equilibrio se stiamo in piedi, che respiriamo, che digeriamo e così via. Queste attività vengono svolte da un sistema autonomo che, tuttavia, può essere escluso in alcuni casi dalle decisioni di un livello più raffinato del cervello.

Occorre tener presente che, attorno alle funzioni primarie, soprattutto nell'uomo, c'è una parte importantissima di cervello che ricopre tutte le altre parti, sia fisicamente che funzionalmente. Questa parte è la corteccia cerebrale, che è spessa pochi millimetri e che, grazie ai caratteristici ripiegamenti, occupa un'area molto estesa che si trova tutt'intorno alla parte "antica" del cervello. E' proprio qui che dobbiamo andare a cercare molte delle spiegazioni su come funziona la mente; tanto è stato fatto, soprattutto negli ultimi anni grazie alle nuove tecniche di neuroimaging, ma tantissimo è ancora da fare. La corteccia - questo lo sappiamo - si occupa delle attività "alte" come il linguaggio, anche se entreremmo nei guai se volessimo dire esattamente cosa fa la corteccia e soprattutto come lo fa. Boncinelli su questo è abbastanza chiaro e invita a diffidare dagli annunci pomposi che cercano di spiegare quale area è deputata a cosa o che tendono a semplificare qualcosa di enormemente complicato - si parla di centinaia di miliardi di neuroni che si intrecciano in una maglia di milioni di miliardi di sinapsi, i collegamenti tra neurone e neurone (ogni neurone si stima abbia decine di migliaia di queste sinapsi). Possiamo iniziare a capire alcune cose, ma ci vorranno molti anni per poter districare questa enorme matassa. Certamente, occorre andare a guardare proprio lì per capire che tutte le funzioni del cervello sono la base materiale per quella che chiamiamo mente, e che il genetista di origini toscane ha analizzato a fondo negli anni della ricerca di laboratorio prima al CNR di Napoli e poi al San Raffaele di Milano e su cui sta molto riflettendo in questi ultimi anni.

Cosa significa coscienza e cosa possiamo scoprire di essa andando a guardare nel cervello? La risposta che ci dà uno scienziato DOC come lui non coincide con quella che ci aspetteremmo. Boncinelli separa il problema in tre parti: la prima coscienza è il sapere di essere qui e ora. Per intenderci, se non l'avessimo non ci preoccuperemmo di stare attenti ad un autobus che ci sta investendo, non percepiremmo il denso dell'ineluttabilità, la paura, la gioia. Non solo i nostri colleghi animali, ma anche le piante hanno questa coscienza, tant'è vero che comprendono benissimo che è meglio rivolgersi al Sole per catturare più energia. Quindi questo aspetto della coscienza si può dire caratteristico della vita.

Un secondo aspetto della coscienza è il linguaggio, la capacità di esplicitare ciò che si sta vivendo, di storicizzare, di riuscire a far sì che io stia scrivendo e voi stiate leggendo qualcosa di accaduto chissà dove, od anche di completamente inventato: una sorta di attualizzazione del non più attuale attraverso il significato che attribuiamo a tutto ciò che impariamo a conoscere. Avrete intuito che questa è una prerogativa umana, a meno che non si voglia andare a cercare dei protolinguaggi in primati molto vicini alla nostra specie o in pochissimi animali, come i delfini. Ma tutto questo è solo teoria o una forzatura della realtà, mentre il linguaggio umano è di gran lunga qualcosa di evidente e, soprattutto, mai apparso prima sulla faccia della Terra.

Il terzo aspetto è quello che, Boncinelli assicura, non verrà mai avvicinato dalla scienza - o da questa scienza -, in quanto è impossibile trattarlo con i suoi propri strumenti. E' la coscienza fenomenica, o fenomenologica, ossia il nostro vissuto privato e incomunicabile, non condivisibile, che ci fa vivere una poesia di Leopardi secondo la nostra privatissima esperienza. La caratteristica che impedisce a questo aspetto della coscienza di essere risolto è che non è oggettivo, quindi non può essere studiato attraverso un modello da verificare, cosa che la scienza sperimentale moderna esige. Non è chiaro se, a questo punto, il "residuo" fenomenico sia uno scarto da ignorare in quanto non scientifico o se occorra cambiare i vecchi parametri per andare a guardare anche in questo terzo aspetto della coscienza dandogli valore. Di certo, non si può dire che l'esperienza soggettiva non c'è!

Boncinelli su questo non prosegue, il suo lavoro non si spinge oltre su questa strada e ci lascia soli a riflettere con gli strumenti osservativi che fornisce: la coscienza è una strozzatura dei processi inconsci che ha una durata misurabile, un minimo di 300 millisecondi, e consiste in una specie di emersione dall'indistinto. Questa focalizzazione può durare al massimo qualche decina di secondi, forse molto di più se ci si allena, ma c'è un limite. Alla domanda di un partecipante sul perché la focalizzazione - o serializzazione dei processi paralleli - si sposti proprio in un certo modo e su chi decide questo spostamento, il professore candidamente risponde che non si sa. Non sappiamo perché stiamo pensando ciò che, istante per istante, stiamo pensando. Boncinelli, per rincarare la dose, rievoca l'esperimento di Libet che mostra che la presa di coscienza di un'azione è successiva all'attivazione della zona preposta all'atto in sè. Come dire, prima facciamo qualcosa e poi ne siamo consapevoli. Qui si chiude questo splendido seminario e ci fermiamo, come flutti sugli scogli, a infrangerci con le nostre domande contro questo vertiginoso pensiero. Una cosa è certa - anzi due -, andiamo via con molte più domande di prima ma, come il nostro ama dire, se non ci facciamo una domanda è difficile che arrivi una risposta.

di Paolo Ferrante
Redazione Asia.it


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