Ciclo di quattro incontri tenutisi ad ASIA Bologna con inizio a Marzo 2011. Gli incontri sono stati occasione di confronto per approfondire in prima persona le grandi questioni della Filosofia e confrontarle con la meditazione, antica via di conoscenza esperienziale.

L’obiettivo? 

Lasciare che il pensiero filosofico mostri tutta la propria forza scardinante e coinvolgente in rapporto all’origine del nostro stesso bisogno di sapere. L’esercizio del pensiero può diventare fertile occasione di crescita se si pone al servizio di ciò che in noi chiede di essere rischiarato. Questa è la sua grande potenza. Non tutti però hanno avuto occasione di approcciarsi al pensiero filosofico in quest’ottica. Molti conoscono la filosofia come una sterile e quanto mai complicata elucubrazione mentale. È possibile tuttavia riscoprire il valore del pensiero filosofico in rapporto alla pratica di meditazione.

Proprio da questo ha preso le mosse il Primo incontro del laboratorio, tenutosi il 12 Marzo 2011 dal titolo La forza del domandare: siamo partiti chiedendoci cosa fosse fondamentale nella filosofia come nella meditazione e, alla luce dell’insegnamento praticato presso Asia, ci siamo risposti che entrambe queste vie di ricerca rispondono ad un bisogno di capire. Ma capire cosa? Cosa mi manca? Cosa cerco? Cosa voglio? Immediatamente si è evidenziato quanto sia imprescindibile, in qualsiasi indagine, il potersi e sapersi domandare. “Il poter apprendere presuppone il poter interrogare”[1]. Ci siamo chiesti allora: quale genere di domanda caratterizza filosofia e meditazione? Quella in cui ne va totalmente di noi, “un domandare capace di esperire”[2], un domandare che implica, che include nella questione colui che si domanda. Entra così in gioco il sentire, il coinvolgimento in prima persona di chi si domanda e la meditazione come guida e strumento maestro per acquisire lucidità nella comprensione della nostra esperienza. Cosa significa stare in un domandare di questo genere? Ci possiamo domandare dove nasca il domandare? Qual è il cuore pulsante della nostra spinta a conoscere? Dove sorge quel senso di stupore, sospensione e irrisolto che ci fa vibrare nel profondo?

Il Secondo incontro, tenutosi il 30 Aprile 2011 dal titolo Dubito ergo sum? ha preso le mosse proprio da quel senso di irrisolto, espresso e incarnato magistralmente da un grande protagonista del pensiero occidentale: Cartesio. La domanda che ha animato inizialmente il filosofo è nota e suona così: esiste qualcosa di indubitabile? Abbiamo ripercorso insieme alcune tappe della sua ricerca, leggendo passi significativi tratti dal Discorso sul metodo e dalle Meditazioni sulla filosofia prima. Ma abbiamo anche provato a calare questo stesso domandare filosofico in meditazione, perché non si corresse il rischio di lasciarlo nell’astrazione. Abbiamo così provato a farci guidare dallo strumento del dubbio in atto, un dubitare per nulla vago o “intellettuale” nell’accezione più negativa. Cartesio ci insegna che – se l’obiettivo è trovare una certezza – il dubbio deve essere radicale, ossia capace di mettere in discussione, con metodo e rigore, tutte le proprie conoscenze.  Di cosa sto facendo esperienza ora? Posso esser certo di non star sognando? Posso esser certo di qualcosa? Posso dubitare, in questo momento, di star dubitando? Abbiamo poi riflettuto sul significato della famosa affermazione cartesiana:  “Cogito, ergo sum” e sul rapporto fra il mondo della certezza cartesiana e il mondo della tecnica. Quando Cartesio afferma di esser certo di esistere nell’atto stesso del dubitare, con questo ha scoperto chi è o cos’è? È possibile trovare una natura ultima a soggetto e oggetto?

Il Terzo incontro  del 15 Ottobre 2011 dal titolo Hume: indaghiamo l’io…o l’idea di io? La critica empirista al razionalismo di derivazione cartesiana. A cosa possiamo affidarci per indagare noi stessi? Cos’è ciò che chiamo “me stesso”? Cosa ne è di me quando non sono cosciente di me stesso? La parola “filosofia” viene troppo spesso associata a contenuti astrusi, lontani da noi stessi, astratti. Al contrario, ad ASIA cogliamo che il ruolo e il compito riservato alla filosofia è quello di stabilire il fondamentale *collegamento tra ciò che sentiamo e ciò che pensiamo*, al fine di far emergere con chiarezza i significati che ci abitano.

il Quarto incontro Sabato 12 Novembre, condotto da Silvia Siberini dal titolo Nichilismo: una questione solo per filosofi? La “catastrofe” che non riflette più ed ha paura di riflettere. Cosa significa nichilismo? In che modo mi riguarda? Cosa potrebbe significare il superamento del nichilismo?

La parola “filosofia” viene troppo spesso associata a contenuti astrusi, lontani da noi stessi, astratti. Al contrario, ad ASIA cogliamo che il ruolo e il compito riservato alla filosofia è quello di stabilire il fondamentale *collegamento tra ciò che sentiamo e ciò che pensiamo*, al fine di far emergere con chiarezza i significati che ci abitano.

[1]  Heidegger, Introduzione alla metafisica, Mursia, Milano 1968, p. 33.
[2]  Heidegger, Lettera sull’«umanismo», in Segnavia, Adelphi, Milano 1987, p. 295.