Il ciclo di convegni Neuro-mania: Il dibattito sui limiti della neuro-riduzione

Mindfulness-mania: un percorso in cinque tappe tra Padova e Milano, dal 17 al 21 marzo 2014.

Potenzialità, meriti, limiti, travisamenti e banalizzazioni delle applicazioni cliniche e psicosociali delle pratiche di consapevolezza

Padova

Workshop introduttivo a corporeità e meditazione 17 marzo

Pratiche meditative: consapevolezza, corporeità, etica 18 marzo

Mindfulness-mania I 19 marzo

Prospettive culturali tra Oriente e Occidente 20 marzo

Milano

Mindfulness-mania II 21 marzo

La recente ed epidemica popolarità della cosiddetta “mindfulness” porta con sé potenzialità e rischi.

Le quattro giornate di questo percorso intendono affrontare in modo diretto e chiaro le questioni generate dall’attuale diffusione della mindfulness, promuovendo un dibattito e un pensiero critico sereno ma rigoroso. Le diverse giornate affronteranno -a Padova e a Milano con angolature diverse- il fenomeno della “mindfulness mania” e i temi toccati sopra nella cornice di una più ampia riflessione sulla pratica meditativa, sull’attuale rapporto tra Oriente e Occidente e sulla questione centrale della relazione tra il fenomeno mindfulness e la visione del Dharma.

Edizioni precedenti

Neuro-riduzioni, 10-11-12 luglio 2012 a Padova

Mindfulness-mania

Nella sua intenzione originaria la prospettiva della mindfulness deriva ed è fondata sulle pratiche di meditazione di consapevolezza – una delle principali tradizioni meditative del Buddhismo classico – e sulla visione dharmica che in queste pratiche si incarna (così come avviene in altre tradizioni contemplative).

La mindfulness e i protocolli mindfulness-based consistono essenzialmente nel proporre un livello introduttivo, iniziale di pratica di meditazione di consapevolezza. Questo livello introduttivo, accompagnato da alcuni elementi e conoscenze che derivano dalla scienza occidentale, offre una “forma”, un veicolo adatto alla nostra cultura e adeguato ai contesti quotidiani, all’esperienza di vita che incontriamo tutti i giorni.

Attraverso questa “forma”, ossia i programmi mindfulness-based, il potere liberatorio e quindi terapeutico della consapevolezza è stato sperimentato anche in ambiti clinici e psicosociali per affrontare le molte forme – dalle più evidenti alle più sottili, da quelle non cliniche a quelle  francamente psicopatologiche – con cui la sofferenza (dukkha) ci coglie e ci annebbia: insoddisfazione pervasiva, disagio, stress, ansia, depressione, dipendenze… La modalità di protocollo, quindi studiabile e verificabile con i metodi della scienza occidentale, ha permesso poi di dimostrare l’efficacia clinica e terapeutica della meditazione di consapevolezza: i mindfulness-based interventions (MBIs) sono oggi riconosciuti come interventi evidence-based e accolti nelle linee guida internazionali per il trattamento di alcuni disturbi.

Nel contempo le pratiche meditative in generale sono diventate un’area di ricerca in cui le neuroscienze trovano condizioni uniche per lo studio dei processi mentali e soprattutto della coscienza, perché le tradizioni contemplative ci indicano la strada per ampliare la nostra visione circa la natura della mente umana. I metodi della scienza, però, se possono dare conferme o ipotesi di spiegazione a certi livelli, non possono però mai e in nessun caso sostituirsi all’esperienza diretta, personale, intima che ciascuno di noi può sperimentare in quello stato di coscienza indicato come “consapevolezza silenziosa”. In sintesi, la potenzialità e il merito della prospettiva della mindfulness sembra consistere soprattutto nel rappresentare una porta di accesso, contemporanea e particolarmente adatta alle nostre condizioni di vita, alla dimensione della consapevolezza intuitiva.

Tuttavia, la popolarità crescente si accompagna, come sempre, a grandi rischi che possono finire col dissipare le potenzialità offerte dalla prospettiva della mindfulness, o addirittura tradirla e capovolgerla nella sua parodia e nel suo opposto. Il rischio di una banalizzazione superficiale e in ultima analisi del tutto inefficace. Il rischio della diffusione di proposte della mindfulness come “ tecnica di rilassamento” e “spa emozionale” finalizzata al “benessere” e al semplice conforto psicologico, equivocando così proprio il suo nucleo che consiste nell’entrare realmente in relazione con la propria sofferenza, cogliendone il potere di verità. Il rischio di una concezione riduzionista o scientista, che la travisa come “tecnica terapeutica” e pretende di ri-tradurla in una qualche cornice concettuale già esistente (comportamentale, cognitiva, psicodinamica, neuroscientifica…) restringendola e rinunciando alla profondità della visione da cui sorge. Il rischio di mettere in circolo una visione sentimentale, edificante, in ultima analisi consolatoria e difensiva della consapevolezza, che non ci mette personalmente in gioco. Il rischio di dimenticare i limiti oggettivi di quella modalità solo introduttiva alla meditazione di consapevolezza che è la “forma mindfulness” e di presentarla in modo quasi messianico e salvifico, messaggio da portare al mondo come se dei mali del mondo fosse la soluzione, facendone quindi occasione di farsi suoi profeti e guadagnare visibilità.

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The recent popularity of what we call “mindfulness” involves potentials as well as some risks.

Originally , the prospective of mindfulness derives and is based on the practice of awarenes-meditation – one of the main traditions in classical Buddhism – and on the Darhma vision embodied included in this kind of practice, as it happens in other contemplative traditions.

Mindfulness and the rules on which it is based want to offer, at first level, the practice of awareness-oriented meditation. This introduction, together with occidental scientific, furnishes a convenient mean, quite compatible with our culture and daily background.

These mindfulness- based programs, have proved to reach levels of liberation and therapy. In fact, it has been tested in clinics and psychosocial centers, either on patients with the most obvious pathological problems or others, with lighter symptoms. This method has proved to be effective when dealing with a human suffering condition, (Dukka), which can put us down like, for example: pervading lack of satisfaction, discomfort, stress, anguish, nervous breakdown, addiction…

This method, studied and verified through occidental methods, allowed to demonstrate the clinical and therapeutic efficiency of mindfulness-meditation; today, mindfulness-based interventions,(MBIs), turn out  to be admitted at international level for the treatment of somme pathologies, on the base of evidence.

At the same time, meditation practices have become object of research where neuroscience finds unique conditions to study the field of mind and conscience processes, considering that contemplative traditions lead to better our vision of human mind. On the other hand, scientific methods cannot supply a substitute of personal direct and intimate experience, which we can sense in this state of conscience named “silent mindfulness”.

In short, merit and power of mindfulness prospective, seem to represent, overall, an open door particularly adapted to our daily style of life, shaped into the dimension of intuitive mindfulness.

Anyway, growing popularity is always matched with great risks, which could end up reducing the potentiality offered by the prospective of minfulness, or even betray and reverse it, as a parody totally opposed to the original prospective.

Some of the risks consist into spreading the voice that mindfulness is a “relaxing technique”, an “emotional cure”, leading to “well-being” and simple “psychological comfort”; that would mean a complete misunderstanding of the very essential meaning which is: getting in relation with one’s own sufferance and understand its power to reach the truth.

An other risk is: a reductive  or scientist concept that confounds mindfulness with “therapeutic technique”, and pretends to re-translate and frame it into an already known comportamental, cognitive, psychodynamic or neuroscientific concept. This would mean, reducing and forgetting the deep profound vision it emerges from.

And we must not forget, the risk of spreading around a sentimental and edifying vision or a comforting and defnsive approach to mindfulness which excludes putting oneself at stake.

It would be a mistake to forget the objective limits of this introduction to meditation through mindfulness, and consider it almost as a messianic, saving message, spreading the news around the world, as it were a solution to all evils; that could give someone the opportunity to become prophets and gain popularity.

In the course of these four days, we intend to face the questions raised by the actual diffusion of mindfulness, in the most straightforward and clear way; we’ll instate a debate and a peaceful but rigorous approach. During these days, in Padova and Milan, we’ll face the syndrome of “mindfulness-mania” and the above mentionned themes, through different points of view.