Il prof. Bitbol, tornato a trovarci dopo la sua partecipazione alle Primordial questions about Consciousness 2006,
ha proposto il tema della Neurofenomenologia, fondata da Francisco Varela.
Ci avverte subito dell’esistenza di numerosi fraintendimenti che sono sorti su questa nuovissima frontiera della conoscenza.
Questo accade, spesso, in quanto si tende a categorizzare la Neurofenomenologia sulla scala ordinaria delle concezioni filosofiche. Molti filosofi pensano che Varela fosse idealista.  Ma perché si cerca di categorizzare una scienza così nuova? Bitbol partirà da alcune frasi dello stesso Varela,per tentare di capire come possano essere sorti questi fraintendimenti e quale sia la corretta lettura interpretativa.

Nel 1976, in un articolo dal titolo straordinario, Not one, not two, Varela dice: “Con la parola essere io non intendo nient’altro che l’esperienza. Esperienza è l’essere e viceversa.”
L’esperienza cosciente non è  solo un’apparenza sensibile che dobbiamo oltrepassare per giungere a una realtà pensata. L’esperienza è la realtà unica e
insorpassabile. La realtà da cui nascono i movimenti intellettuali e in particolare quelli che stabiliscono le condizioni di possibilità della conoscenza oggettiva.
Anche la teoria del funzionamento neuronale ha il suo fondamento nell’esperienza. Nella seconda metà degli anni ’90 Francisco ha edificato la sua neurofenomenologia. In un suo articolo del 1999 dice: “La concezione fenomenologica parte dalla natura irriducibile dell’esperienza cosciente. L’esperienza vissuta è il nostro punto di partenza.”
In un altro articolo: “L’esperienza cosciente è laddove dobbiamo indirizzare l’indagine e, lungo il percorso, legarci ad essa come ad un filo conduttore.”
Ancora: “L’esperienza vissuta è irriducibile. I dati fenomenologici non possono essere ridotti o derivati dalla prospettiva in terza persona.”
La filosofia analitica, d’altro canto, è completamente contrapposta alla visione di Francisco Varela. Essa si dà un punto di partenza oggettivo considerando l’insieme degli oggetti del mondo come se fossero già preesistenti nel mondo. A questo punto si deve capire come una cosa così strana come la coscienza possa emergere. Ma quello su cui Bitbol pone l’accento è proprio questo: La vera sorgente del problema è il modo di affrontarlo.
L’itinerario per risolvere il problema difficile della coscienza [Facing up the problem of consciousness, Chalmers (1995), ndr.], come viene chiamato nel mondo anglosassone, adottato da Varela è esattamente opposto a quello della filosofia analitica.
La spiegazione ha lasciato da parte la domanda e ha dovuto ammettere, infine, che le teorie prodotte non sono ad ora capaci di spiegare il problema. Allora occorre reintrodurre la vita umana. Non sarà di certo con un supplemento di teoria molto sottile che risolveremo il problema, ma capendo cos’è davvero la vita umana.

Mentre la filosofia analitica vuole ottenere una messa a distanza del problema, che d’altronde è stato cruciale per lo sviluppo la conoscenza umana, Varela propone una dialettica tra l’essere situati nel mondo, nel tempo, e la nostra messa a distanza del problema.

Varela chiamava l’esperienza l’essere.
La sola cosa che è, è l’esperienza. Sembrerebbe una sorta di idealismo perché, tra fisico e psichico, Varela sembra aver scelto lo psichico come fondamento ontologico. Questa lettura è sbagliata.
Cita William James, che nel suo Essay in radical empiricism, dice: “L’idea di una coscienza aggiunta al mondo fisico è un’assurdità”. La critica che veniva fatta a James era di reiterare il vecchio idealismo sostenuto da Berkeley.

Il modo in cui Varela riporta i problemi all’esperienza vissuta non è un idealismo. Non ha scelto il psichico in quanto opposto al fisico. Ha scelto un punto di vista metodologico.

La neurofenomenologia non è una interiorità astratta, ma il punto di partenza è l’esperienza vissuta in tutta la sua apertità, la vita umana incorpata, in un ambiente non ancora differenziato tra ego e oggetti. Nell’esperienza si può dire che quello che è invariante è il mondo oggettivo e il resto è quello che chiamiamo interiorità. Ma questa è una operazione a posteriori. Non c’è nessun contrasto con un campo fisico. Varela dice che nel corpo vissuto c’è relazione tra l’esperienza e il suo fondamento. Qui abbiamo accesso sia agli elementi familiari delle scienze cognitive che agli indispensabili dati
fenomenologici.  Varela è molto chiaro nella differenza tra il suo progetto della neurofenomenologia e un progetto di idealismo.
Il suo progetto è diventato anti-fondazionalista, sia nell’oggettività che nella soggettività, come invece lo può essere un tentativo idealistico o una scienza basata sulla sola oggettività.
Citando Varela: “Quando esploriamo i resoconti in prima persona non è la stessa cosa dire che questi resoconti hanno un accesso privilegiato all’esperienza. Un resoconto in prima persona non è immediatamente vero sull’esperienza che si è avuta, non si può dire che questo resoconto parte da qualcuno che ha la verità sulla propria esperienza. Invece è il suo presupposto.
Pensare altrimenti sarebbe confondere il carattere di dato immediato dei fenomeni soggettivi con il loro modo di costituzione e di valutazione”. Questo vuol dire che l’esperienza in prima persona per essere detta deve percorrere un tempo di interpretazione. Quando si parla di un’esperienza, noi diamo un’interpretazione.
Se descriviamo una stanza, dobbiamo interpretare per poter usare gli oggetti. Usiamo categorie, concetti ecc.
In un altro articolo Varela dice che nessun metodo che serve per avere accesso all’esperienza è neutro, in questo senso. Si introduce sempre un quadro di interpretazione. Quindi la dimensione ermeneutica del processo è inevitabile.
Per concludere, Bitbol ci riassume la svolta, veramente molto difficile, come lo è ogni nuovo pensiero che non ricada dentro le categorie familiari. Questa svolta consiste nel considerare una mutua relazione tra una spiegazione del mondo in terza persona e una strada interpretativa: possiamo aggiungere quello che conosciamo del cervello alla strada interpretativa ma, allo stesso modo, si può aggiungere una parte interpretativa alla comprensione del funzionamento del cervello.
L’interpretazione non deve essere messa da parte come una perdita di immediatezza. Con una fase interpretativa si aggiunge un rapporto in prima persona e un linguaggio più adeguato, si raggiunge una nuova tappa della scienza in terza persona che Varela chiama Neurofenomenologia.
Bitbol parla di una scienza bilanciata, perché essa non dà tutta la priorità alla terza persona, come farebbe la filosofia analitica, non dà tutto il peso alla soggettività, all’esperienza pura, immediata, come farebbe un idealismo, ma pone l’accento su una dialettica che ci permette, appoggiandoci ad uno dei due lati, di farci capire meglio l’altro.

Leggi l’estratto della conferenza del 23 gennaio 2007  La morte vissuta in prima persona

Michel Bitbol
Michel Bitbol è attualmente Direttore di ricerca al Centro Nazionale della Ricerca Scientifica a Parigi, Francia. Lavora al Centro di Ricerca in Epistemiologia Applicata (CREA)  a Parigi. Insegna Filosofia della Fisica Moderna per la scuola di dottorato all’università della Sorbona di Parigi. Ha studiato in varie università parigine, dove ha conseguito la laurea nel 1980, il dottorato di ricerca nel 1985 e l’abilitazione all’insegnamento della Filosofia nel 1997.
Ha lavorato come scienziato ricercatore dal 1978 al 1990, specializzandosi prima in idrodinamica del flusso sanguigno nelle arterie e, poi, nella microstruttura delle membrane dei globuli rossi
con tecniche EPR e NMR. Da 1990 è passato alla filosofia della fisica.
Ha atteso alla pubblicazione di testi di filosofia generale di meccanica quantistica di Erwin Schrödinger e ha pubblicato il libro Schrödinger’s Philosophy of Quantum Mechanics (Kluwer, 1996).
Ha anche pubblicato due libri in francese sulla meccanica quantistica e sul realismo in scienza, nel 1996 e nel 1998 rispettivamente. Più recentemente, si è focalizzato sulla relazione tra filosofia della meccanica quantistica e filosofia della mente. Ha pubblicato un libro in francese sull’argomento e ha lavorato a stretto contatto con Francisco Varela. Nel 1997 ha ricevuto un premio da parte
dell’Accademia delle scienze morali e politiche per il suo studio sulla meccanica quantistica. Attualmente sta studiando Sanscrito per comprendere più profondamente i testi basilari di Nagarjuna e
Candrakirti, per un nuovo progetto filosofico sul concetto di relazione in fisica e nella teoria della conoscenza.
Ha partecipato alle Primordial questions about Consciousness 2006, Loiano (BO), organizzate da ASIA Associazione Spazio Interiore e Ambiente.