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26 Dicembre 2015

Lo Shōbōgenzō di Dōgen: SHŌJI e UJI

Con piacere vi presentiamo il testo fondamentale del fondatore del Soto Zen, tradotto in Italiano in esclusiva per asia.it.


Il testo originale è la traduzione dal Giapponese al Tedesco di Ohashi Ryosuke e Rolf Elberfeld, ed è stato gentilmente messo a disposizione del Centro Studi Asia dal Prof. Ohashi, che ringraziamo sentitamente.

Buona lettura!


SHŌJI 1

Vita e morte

Dove in mezzo a ‘vita e morte’ (shōji) 2 vi è Buddha, non vi è ‘vita e morte’ (shōji).” Inoltre si dice: “Dove in mezzo a ‘vita e morte’ (shōji) non vi è Buddha, non vi è nessun dubitare (Zweifeln) durante vita e morte (shōji) .” 3

Queste sono le parole dei due maestri Zen Kassan e Josan. Siccome sono parole di gente che ha acquisito la via, [voi] non dovete lasciarle infruttuose.

Chi aspira a distaccarsi da ‘vita e morte’ (shōji) deve chiarire proprio il senso di questa parola. Chi cerca il Buddha all’infuori di ‘vita e morte’ (shōji) sembra come qualcuno che voglia andare nell’Etsu 4 [del Sud], girando il proprio timone verso nord o come qualcuno che voglia vedere la stella polare girando la propria faccia verso sud; così egli si irretisce sempre di più nella dipendenza di ‘vita e morte’ (shōji) e perde sempre più la via dello stacco (gedatsu) 5 [dalle dipendenze]. È necessario rendersi conto di questo: ‘vita e morte’ (shōji) sono allo stesso tempo nirvana; non c’è niente che si faccia aborrire come ‘vita e morte’ e [parimenti] non c’è neanche niente che si faccia desiderare come il nirvana. Poi [però] diventa per la prima volta chiaro lo staccarsi da vita e morte (shōji). È sbagliato pensare che si vada da shō (vita, nascita, sorgere) a shi (morte, morire).6

Sorgere (shō) è uno status nei confronti di un tempo e ha così già [il suo] prima e dopo. Perciò nell’insegnamento del Buddha si dice: sorgere (shō) è allo stesso tempo non-sorgere (fu-shō). Metsu (il cessare, il morire) è ugualmente uno status in rapporto al tempo, e così ha anche [il suo] prima e dopo. Perciò si dice: cessare (metsu) è allo stesso tempo non-cessare (fu-metsu). Nel caso del sorgere (shō) non c’è nient’altro che sorgere (shō); nel caso del cessare (metsu) non c’è nient’altro che cessare (metsu). Perciò si può dire: Se sorgere (shō) ti viene incontro, vi è solamente sorgere (shō), se cessare (metsu) ti viene incontro, ci si abbandoni al cessare (metsu).

[Entrambi] non sono da aborrire, [entrambi] non da desiderare.

[Proprio] questa ‘vita e morte’ (shōji) è la vita degna del Buddha 7. Chi la aborrisce e la vorrebbe buttare via, perderà sicuramente la vita degna del Buddha. Chi però ci starà dentro e rimarrà attaccato a ‘vita e morte’ (shōji), anche egli perderà la vita degna del Buddha e spegnerà la figura del Buddha. Solo quando non si detesta [shōji] e non si desidera [più il nirvana], si è nel cuore del Buddha. Non misurare con il [proprio] cuore, non dire niente con parole.

Chi lascierà e dimenticherà sia il proprio corpo così come il proprio cuore, si slancerà nella casa del Buddha, costui verrà guidato dal Buddha e lo seguirà sempre; costui lascierà ‘vita e morte’ e diventerà Buddha, senza usare sforzo e senza sprecare il proprio cuore.

Chi, in questo modo, potrebbe esitare (ins Stocken kommen) nel proprio cuore?

Vi è una via molto semplice per diventare Buddha: non fare niente di male, non rimanere attaccati a ‘vita e morte’ (shōji), avere compassione di cuore per tutti gli esseri viventi, avere rispetto di tutti i superiori e condividere i sentimenti con tutti coloro che stanno sotto, non detestare niente nel cuore, non desiderare niente nel cuore, essere, nel cuore, tranquillo e non preoccupato; questo significa [essere un] Buddha. Non cercare [lui] da nessuna altra parte.

1 Shōji: vita e morte

Shō: vita, nascere, sorgere, vivo, crescere. Ji (ossia shi): morte, morire. Nishijima/Cross traducono con “Life-and-Death”, Abe/Waddell con “Birth and Death”. Questa locuzione viene anche usata come traduzione della parola sanscrita “samsara”, indicando innanzitutto il ciclo di nascita e morte che finisce con il nirvana. Nel testo tradotto Dōgen divide però i due segni uno dall’altro e li indica allo stesso tempo come appartenenti ad un unico contesto. Se nella lingua tedesca si volesse riprodurre lo stato di cose in una parola, allora si potrebbe dire “VitaMorte”.

2 La parola shōji è in realtà un’unica parola. Siccome non c’è nella lingua tedesca nessuna locazione corrispondente, le due parole “vita” e “morte” vengono connesse attraverso una “e”. Una traduzione più letteraria, ma più insolita potrebbe essere “VitaMorte”, attraverso cui l’unità, ma anche la diversità dei momenti vengono espressi. In questo testo, eccezionalmente, viene sempre anche usata la parola giapponese shōji poichè determina il ritmo del testo.

3 Le due locuzioni vengono citate dal 7° libro del Keitoku dentōroku. Taishō vol. 51, testo 2076, 254.

4 Una zona al sud del fiume Yangzi jiang in Cina.

5 Ge: staccare, slegare; liberarsi, aprire; revocare, annullare; dichiarare, comprendere; decidere; scomporre.

Datsu: spogliare, sfilare, buttare a terra, separare, sottrarsi; lasciare (mollare), abbandonare, sbarazzarsi (liberarsi). La parola nomina lo staccarsi da tutti gli attaccamenti che sorgono da desideri egotici (ichhaften Wünschen).

6 A causa della ambiguità di shō e shi, che è stata introdotta intenzionalmente, ci sono in un primo momento le parole giapponesi e poi, tra parentesi, i tre significati fondamentali e poi gli altri due. Successivamente c'è poi solo ancora una parola tedesca come traduzione, seguito dal giapponese tra parentesi.

7 Qui non c’è la parola sinogiapponese “vita” shō, ma il giapponese inochi, corrispondentemente a ciò la parola Buddha non doveva come di solito essere pronunciata butsu (modo di leggere sinogiapponese), ma hotoke (modo di leggere giapponese). Hotoke deriva dal verbo hodokeru (staccar-si).

Foto: Silvia Siberini



UJI1

Essere-tempo/Ad-un-tempo

Un vecchio Buddha dice2:

Ad un tempo (uji3) stare su un’alta, alta vetta di montagna,

ad un tempo (uji) camminare sul profondo, profondo fondale del mare.4

Ad un tempo (uji) [il demone custode]5 dalle tre teste e dalle otto braccia,

ad un tempo (uji) [il grande Buddha]6 , una volta sedici piedi, l’altra otto piedi.

Ad un tempo (uji) “bastone-e-frustino”7,

ad un tempo (uji) pilastro e lanterna da giardino.

Ad un tempo (uji) Tizio e Caio,

ad un tempo (uji) grande terra e cielo vuoto.


L’espressione “ad un tempo” significa: il tempo (ji) è [sempre] già [un determinato] dato (u), qualsiasivoglia cosa data è tempo [determinato].8
Questo corpo dorato [alto] sedici piedi è tempo e, poiché [esso] è tempo, [gli] derivano la magnificenza [e] lo splendore dei tempi. [Questo è] da esercitare e
apprendere a partire dai dodici attuali periodi della giornata9. [Il demone custode] dalle tre teste e dalle otto braccia è tempo - poiché [egli] è tempo, [egli] deve essere uno con il modo degli dodici attuali periodi della giornata. Anche se lunghezza e lontananza, brevità e vicinanza dei dodici periodi della giornata non sono mai [stati] misurati, [ciononostante] [si] chiamano i dodici periodi della giornata.

Siccome le tracce di andare e venire [dei dodici periodi della giornata] sono evidenti, non vengono messe in dubbio. Anche se [i periodi della giornata] non vengono messi in dubbio, ciononostante non sono conosciuti. Siccome non è stabilito che [ossia: come] gli esseri sofferenti (shujō) dubitino delle cose e degli affari da loro di volta in volta non originariamente conosciuti, l’antecedente dubitare non corrisponde necessariamente al dubitare presente. È solo così che il dubbio, [anche] solo per un tratto di tempo, è tempo. Disporre l’io (ware) ha per effetto l’intero mondo. Ogni singola cosa di questo mondo intero è da vedere di volta in volta come tempo. Allo stesso modo come le singole cose non si impediscono reciprocamente, anche tutti i tempi non si impediscono reciprocamente. Insieme col tempo (ji) proviene la mente (shin), insieme con la mente proviene il tempo. Le cose stanno così anche con la pratica (shugyō) e il portare a compimento la Via.

Disponendo l’io (ware),10 l’io vede questo. Così stanno le cose riguardo al fatto che (dōri) io stesso (jiko) sono tempo. Bisogna insistentemente (sangaku)11 imparare che proprio questo stato di cose è il motivo per cui sull’intera terra ci sono tantissimi fenomeni e innumerevole piante; e in ogni singola pianta e in ogni singola apparenza vi è l’intera terra. La pratica si avvia proprio con questo


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