23 gennaio. Sulla morte

Il prof. Bitbol, tornato a trovarci dopo la sua partecipazione alle
Primordial questions about Consciousness 2006,
ha proposto il tema dell'approccio della scienza e della spiritualità
nei confronti della morte, tema già proposto in un convegno a cui ha
partecipato a Roma,
L'età della vita.
Il
discorso verteva sul problema della prima persona, che è
straordinariamente originale rispetto al pensiero scientifico in terza
persona, a quello filosofico molto astratto o ad un approccio classico alla spiritualità.
Bitbol si rifà alle parole di Tolstoi e Wittgenstein. Il primo,
riassumendo, dice di intendere cosa la scienza vuole scoprire ma, per
Tolstoi, sulla strada della scienza non c'è la risposta che egli
avrebbe voluto veder pacificata. Wittgenstein aggiunge che, se anche la
scienza rispondesse a tutte le domande di sua pertinenza, il problema
della vita e della morte rimarrebbero intatti. Allora Bitbol si chiede:
Cosa manca nella visione scientifica?Risposta: L'esperienza. Facile da dire ma difficile da capire cosa si intende, ci avverte.
La
scienza trova le correlazioni, sa modificare l'esperienza, sa trovare
la concomitanza tra esperienza ed eventi cerebrali, ma non sa nulla
sull'esperienza qualitativa. Nagel dice: La scienza non ha nulla da
dire rispetto a "what is it like to be [human, ndr.] ?", cos'è essere un essere umano
incorpato dal punto di vista di
quell'essere umano, e nel seguito dell'intervento Bitbol ci spiegherà perché.
La scienza dice che la morte accade quando l'omeostasi dell'organismo
non può essere mantenuta. Inoltre, ogni manifestazione esterna della
coscienza scompare quando il corpo non ha più questa omeostasi. Ma la
scienza non ha nulla di rilevante da dire sull'esperienza diretta della
morte, la cosiddetta esperienza in prima persona. Molti scienziati
dicono che dopo la morte c'e' semplicemente - niente. Esperienza di
nulla. Questo, però, è un modo di proiettare l'idea della morte vissuta
in terza persona in un'immagine di ciò che accadrà in soggettiva. Gli
scienziati materialisti non sono pronti ad accettare che sono ignoranti
su questo punto. Il problema è che si progetta l'idea della fine del
corpo sulla fine dell'esperienza. Bisogna esplorare i limiti dell'oggettività sull'indagine in prima persona.
Perché è necessario fare questa distinzione? Ma allora qual è il metodo della scienza?
Eraclito duemila anni fa disse, come un imperativo:
Seguite quel che è comune a tutti, non vi fidate di ciò che è intimo, privato.Questo
equivale a invitare ognuno a considerare solo ciò che può essere
comune, oggettivato, condiviso, verificato con altri. La scienza, senza
questo metodo, non avrebbe potuto ottenere i risultati che ha ottenuto.

Quali sono le conseguenze della visione oggettivante sul mondo?
Leggendo
un articolo di giornale che parlava della correlazione tra gli Oscar e
la quantità di scene violente all'interno dei film americani, il prof.
Bitbol, insoddisfatto dalle ipotesi dei giornalisti che hanno redatto
l'articolo, ha proposto la spiegazione che la morte è vista come un
oggetto sperimentabile, visibile, concettualizzabile, in altri termini,
oggettivato. La morte ha bisogno di essere pubblica e proposta a
ripetizione nei film, in una sorta di esorcismo oggettivante. Allo
stesso tempo, viene offerta con ossessionalità e una mistura di fascino
e repulsione, un modo parossistico e fantasmagorico che, proprio perché
è una rappresentazione inadeguata e sa di esserlo, viene ripetuta.
Il
fatto che si possa rimettere in discussione l'esperienza della morte
così come la spiega il metodo scientifico, per esempio attraverso il
racconto di un'esperienza di pre-morte, mostra che il modo in prima
persona non può non essere preso
almeno in considerazione, anche se non
possiamo verificare la veridicità di questi racconti. A questo punto
dobbiamo vedere il rapporto in prima e in seconda persona con la morte.
Wittgenstein
dice che la morte non è un evento della vita, e questo è appunto un
tentativo di pensare quest'evento in prima persona. In qualche modo la
morte è una non-esperienza. Allora cerchiamo di capire cosa significa
essere nessun soggetto.
Se diciamo così, allora non c'è neppure nessun
oggetto. Quindi neanche la morte può accadere. Schopenhauer attraverso
questa idea va verso il pensiero di eternità del presente. Egli
paragona l'adesso ad un Sole di presenza. Un soggetto che ha paura
della morte è come un Sole che piange avendo paura di cadere
nell'abisso dell'oscurità. Questo pensiero dipende dal pensiero
kantiano del tempo, che lo vede solo come un modo del soggetto.
Allora, non c'è nulla come un
dopo
l'evento della morte. Schrödinger dice: quello che costruiamo nella
nostra mente non ha il potere di distruggere la mente. Se la mente
progetta la sua morte, quest'ultima non può prendersi la mente stessa.
Nell'esperienza della propria morte si produce come un attrattore che è
sempre nel futuro. La morte, potremmo dire, è la soglia tra il tempo ed
il non tempo.
Ci sono le esperienze di pre-morte, che parlano di una
uscita del corpo e la visione di una luce, che assomiglia alle
rappresentazioni cristiane o della tradizione tibetana della chiara
luce radiante. Ammettiamo che queste esperienze siano vere. Allora, le
persone protagoniste di queste esperienze hanno visto veramente qualcosa
al di fuori di noi, che c'è dopo la morte. Se non sono vere, invece,
diciamo che queste esperienze sono frutto di una produzione particolare
di ormoni. Ma queste due possibilità hanno in comune di dare una
spiegazione in terza persona. Proviamo a immaginare per qualche secondo
cosa significa essere una persona
in prima persona. E' veramente
importante sapere se ciò che stiamo esperendo nel momento in cui
percepiamo un orizzonte di eternità è frutto di una natura o di una
supernatura? No, queste alternative sono completamente senza interesse
per la persona che vive ciò. In quel momento la persona è completamente
assorbita in ciò che sta vivendo e la spiegazione non ha più nessuna
importanza.
Perché allora non si dà valore epistemico o si dà meno importanza a
quei momenti rispetto allo stato di coscienza in cui si esperisce un
mondo che può essere oggettivato?Husserl usa due parole, Reel e Real.
Stessa radice, ma Reel viene vissuto, è la sorgente delle cose reali, di
tutti i giudizi che possiamo dare sulla realtà oggettiva.
Un
approccio in seconda persona che Bitbol propone è conpartecipare,
condividere, l'esperienza della morte. Cita Joan Halifax, che racconta
di aver conosciuto una giovane donna, malata terminale. La donna chiede
a Joan: "Joan, vorresti dirmi come morire?". E Joan risponde: "Jessica,
non so come si muore. Sto imparando da te".
L'idea è che la persona
che sta morendo è la sola che può insegnare qualcosa sulla morte. Noi
possiamo solo metterci in una disposizione empatica, mettendo da parte
tutte le categorie intellettuali che ci aiutano a vivere nel nostro
ambiente oggettivato, perché queste stesse categorie sono completamente
irrilevanti in questa situazione.
Estratto della conferenza tenuta presso la sede di ASIA, Bologna
a cura di Paolo Ferrante
Centro Studi ASIA
24 gennaio 2007. Neurofenomenologia
Michel Bitbol
Michel Bitbol è attualmente Direttore di
ricerca al Centro Nazionale della Ricerca Scientifica a Parigi,
Francia. Lavora al Centro di Ricerca in Epistemiologia Applicata
(CREA) a Parigi. Insegna Filosofia della Fisica Moderna per la scuola
di dottorato all'università della Sorbona di Parigi. Ha studiato in
varie università parigine, dove ha conseguito la laurea nel 1980, il
dottorato di ricerca nel 1985 e l'abilitazione all'insegnamento della
Filosofia nel 1997.
Ha lavorato come scienziato ricercatore dal 1978 al 1990,
specializzandosi prima in idrodinamica del flusso sanguigno nelle
arterie e, poi, nella microstruttura delle membrane dei globuli rossi
con tecniche EPR e NMR. Da 1990 è passato alla filosofia della fisica.
Ha atteso alla pubblicazione di testi di filosofia generale di
meccanica quantistica di Erwin
Schrödinger e ha pubblicato il libro
Schrödinger's Philosophy of
Quantum Mechanics (Kluwer, 1996).
Ha anche pubblicato due libri in francese sulla meccanica quantistica e
sul realismo in scienza, nel 1996 e nel 1998 rispettivamente. Più
recentemente, si è focalizzato sulla relazione tra filosofia della
meccanica quantistica e filosofia della mente. Ha pubblicato un libro
in francese sull'argomento e ha lavorato a stretto contatto con
Francisco Varela. Nel 1997 ha ricevuto un premio da parte
dell'Accademia delle scienze morali e politiche per il suo studio sulla
meccanica quantistica. Attualmente sta studiando Sanscrito per
comprendere più profondamente i testi basilari di Nagarjuna e
Candrakirti, per un nuovo progetto filosofico sul concetto di relazione
in fisica e nella teoria della conoscenza.
Ha partecipato alle
Primordial questions about Consciousness 2006, Loiano (BO), organizzate da ASIA Associazione Spazio Interiore e Ambiente
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