I poeti hanno qualcosa di urgente da dirci…
A me piacerebbe vivere mill’anni,
non per sapere quante stelle ci sono,
ma per sapere cosa c’è dentro di noi.

Roberto Benigni

Alzi la mano chi pensa che la Divina Commedia sia un testo noiosissimo, per lo più incomprensibile, che la scuola ci propina come fosse un contrappasso e che non ci verrebbe mai in mente di leggere di nostra iniziativa, magari prima di dormire… Le mani alzate sono molte, e forse prima che Roberto Benigni si cimentasse con le sue lecturae Dantis televisive erano ancora più numerose; vero è che – come ben sanno i nostri studenti – il significato letterale dei “versi strani” non è facilmente intuibile ad una prima, semplice lettura… figuriamoci i messaggi più raffinati, di cui pure il Poeta ha intessuto le sue straordinarie terzine. Ma la vera difficoltà è probabilmente un’altra: difficile infatti trovare una risposta convincente alla domanda che molti quindicenni si pongono al cospetto dell’austero poetare dantesco, e che spesso si esprime con l’ormai classico adagio adolescenziale: “Perché dovrei?”; gli appelli alla cultura personale, alla bellezza dei versi (per chi li comprende), all’imprescindibilità del misurarsi con il Padre della poesia italiana non sempre sono argomentazioni sufficienti.

Cos’ha a che fare con me? Qual è il legame fra il mio vivere quotidiano e la Divina Commedia? A questi interrogativi Benigni ha il merito di aver dato una risposta concreta ed autentica: l’“opera di poesia più grande di tutte le letterature, di tutti i tempi, di tutto il mondo”, come l’ha definita il comico toscano il 25 novembre scorso, parla proprio di noi, e più precisamente delle nostre domande più profonde, quelle che riguardano la nostra esistenza. Quando si ritrova nella selva oscura, Dante è un uomo confuso, impaurito, solo: “come ognuno di noi – dice Benigni – quando si domanda: ma è tutto qui? Non ci posso credere!”. L’autore della Commedia è in cerca di se stesso e, ciò che più conta, lungo il suo arduo e prodigioso viaggio è in grado di dare indicazioni precise a chi, come lui, si chiedesse profondamente sul proprio esserci: come sottolinea il nostro premio Oscar, infatti, Dante “ci dice che i fatti del mondo non sono la fine della questione! Che la nostra libertà ci porta con sé, che il viaggio è dentro di noi, a cercare noi stessi: è inutile che andiate a cercare il senso, il senso siete voi stessi! […] …ci dice di cercare amore e conoscenza. Perché dentro al nostro cuore c’è un segreto, c’è un mistero: ognuno di noi lo dovrebbe cercare! Un segreto che s’aprirà. Con quest’intento nel cuore si può non solo valorosamente, ma anche gioiosamente vivere.”.

Una ricerca interiore, un cammino, un’impresa: un percorso verso ciò che in noi brilla in profondità, e che – se anche non riusciamo più a chiamarlo ‘Dio’ – non può essere ignorato, perché a modo suo ci chiama, ci reclama (sempre Benigni: “anche se non siamo fatti da Dio, siamo fatti di Dio”); una via che passa attraverso il nostro sentire, cui ormai – si rammarica il Toscanaccio – nessuno educa più: “Ci insegnano come guidare le macchine, a cucinare, a scrivere, a leggere, e non ci dicono una parola sulle nostre emozioni, che son le cose che faranno la nostra vita! Nessuno che ci dica una parola! Ma ci volete insegnare che cos’è? Una parola! E bisogna che ce la dicano presto! Se non si educa alla nostra emotività, alle nostre profondità, ogni ragazzo fa delle cose spaventose! [E’ necessario] educare i ragazzi a queste cose immense che abbiamo dentro, eterne.”. Perché “quando si guarda in fondo all’abisso, l’abisso guarda noi… è pericoloso”, e troppo spesso, se si intraprende il viaggio da soli, si corre il rischio di perdersi, di arrivare a bestemmiare la “divina virtute”, cioè – ci spiega Benigni – a desiderare il nulla: proprio come le “anime malnate” dantesche, che al cospetto di Minosse “bestemmiano perché c’è qualcosa invece di non esserci nulla!”

Anche Dante ha bisogno di una guida, di un Maestro: perché per scoprire la verità su noi stessi è necessario affrontare l’abisso, “guardare dentro di noi, nella parte che più ci fa paura. Se no non lo vinceremo mai”, ci esorta ancora Benigni; è un sentiero irto di difficoltà, ma Dante ci assicura che porta a destinazione – su questo le sue cantiche sono inequivocabili: “alla fine di tutta la Commedia [Dante] trova la sua faccia! La mia, la tua… nel secondo cerchio della divinità!”. Proprio io in fondo al cammino, proprio io il segreto dell’esistenza! Trovare se stessi è scoprire “il miracolo d’esistere”: miracolo che è verità, miracolo che ci consente – una volta letto l’ultimo verso – di rileggere l’intera Commedia con occhi diversi, e di guardare le personecome scrigni d’un mistero, come depositari d’un destino immenso”.

“Ogni tanto bisognerebbe ricordarsi che… SI ESISTE!” Se sentiamo l’esistenza come qualcosa di non chiaro, di non conchiuso, di insensato, la Divina Commedia è il testo che fa per noi: ci insegna che abbiamo il dovere, nei confronti di noi stessi e della scintilla di divino che ci abita, di affrontare le nostre domande; ci insegna a cercare un Maestro per non rischiare di essere risucchiati dal nostro personale inferno, e a partire poi senza paura, perché giungere ai significati più profondamente nascosti nella nostra interiorità è possibile. Proprio perché il percorso è precisamente direzionato e in fondo ci aspetta la nostra verità, proprio perché tale verità ci è preclusa se prima non attraversiamo i momenti di gelo cui solo una guida esperta può prepararci, è “scandalo” – dice ancora Benigni – anestetizzare chimicamente i momenti di difficoltà che troviamo sulla via, “desertificare […] quel momento in cui non sappiamo cosa fare, in cui sentiamo che non siamo all’altezza, il momento in cui ci batte il cuore e si dice non ce la fo… quel momento è il dono più grande che il firmamento ci ha dato… sia benedetto chi ha creato la vita mettendoci dentro il momento in cui non siamo in grado di affrontare la realtà: è il momento in cui si diventa grandi […]. Anche la sconfitta, se sentita profondamente, può diventare una vittoria, se abbiamo sempre presente il miracolo d’esistere”.

Segnaliamo un estratto dalla trasmissione con Roberto Benigni su Dante (tratta da Youtube):