Peter Zumthor - Pensare architettura

Pensare architettura
di Peter Zumthor
Mondadori Electa

 

 

Quando penso all’architettura, dentro di me scaturiscono delle immagini. Molte sono legate alla mia formazione e alla mia pratica di architetto. Racchiudono la conoscenza professionale che ho acquisito nel corso del tempo. Altre hanno a che fare con la mia infanzia. Ricordo il periodo della mia vita in cui vivevo l’architettura in modo spensierato. Mi sembra ancora di sentire nella mano la maniglia della porta, quella porzione di metallo configurata come il dorso di un cucchiaio”

Dove radicano quelle impressioni, accumulate lungo la nostra esistenza, attraverso le quali viviamo l’architettura? Perché certi luoghi, luci e atmosfere ci segnano profondamente, determinando i nostri gusti e quelle associazioni emotive che vengono evocate quando ad una determinata funzione dell’abitare si lega un preciso sapore?

Così inizia il libro di Peter Zumthor, descrivendo i ricordi e le immagini che in lui emergono nel pensare ad un preciso ambiente domestico, una cucina ad esempio. Queste impressioni si originano quando avviene un particolare tipo di contatto tra l’animo e l’ambiente vissuto. Sedimentando in noi creano quel linguaggio di associazioni per cui in un luogo cerchiamo quella precisa atmosfera che ce lo rende famigliare, che ce lo fa riconoscere, nell’incontro, per ciò che è.

In una collezione di brevi racconti l’autore descrive con precisione una serie di frammenti di architettura, le sensazioni e i ricordi che queste esperienze fanno nascere, con un approccio fenomenologico che isola l’evento e lo scinde nei sui elementi fondamentali.

Ma come si possono ricreare queste atmosfere con il costruire? Un ruolo fondamentale ce l’hanno i materiali, che con la loro sensualità possono evocare sensazioni, ed associati alle forme e alle luci diventare portatori di significati.

non possiamo fare a meno di richiederci sempre di nuovo quale significato possa assumere un determinato materiale in un determinato contesto architettonico. Risposte valide a questa domanda possono far apparire in una luce inedita sia la modalità in cui il materiale viene solitamente utilizzato, sia le peculiari proprietà sensuali e significanti”

Il costruire diventa così “l’arte di conformare un tutt’uno dotato di senso, a partire da una molteplicità di parti singole” costituite dai diversi materiali e dai singoli oggetti che compongono l’organismo edilizio. Come in una musica in cui le singole parti melodiche trovano nell’insieme il loro significato, così nell’architettura la qualità del risultato finale dipende dall’armonia dei dettagli: i particolari determinano il ritmo, ed ogni giunzione va risolta con forme dotate di senso.

Il dettaglio induce alla comprensione del tutto e sa commuoverci se rapisce la nostra attenzione inaspettatamente: rimandando all’architettura nel suo insieme, ci cala in quel qui e ora che è l’ambiente vissuto.

ZumthorQuando contempliamo oggetti o costruzioni che sembrano riposare in se stessi, la nostra percezione si attenua e si attutisce in un modo del tutto particolare. L’oggetto che percepiamo non ci impone alcun messaggio, è lì, semplicemente. La nostra percezione si fa silenziosa, cessa di essere prevenuta e possessiva. Si trova al di là dei segni e dei simboli. È aperta e vacua. Come se guardassimo qualcosa che non si lascia trascinare al centro della coscienza. A questo punto, in questo vuoto della percezione un ricordo che pare emergere dalla notte dei tempi è libero di affiorare nell’osservatore. Vedere l’oggetto significa anche, ora, intuire il mondo nella sua interezza”

Come la musica contemporanea si esprime anche attraverso disarmonie e ritmi spezzati, in reciproco contrasto, così l’architettura di oggi dovrebbe avvalersi di tale impostazione per trasmettere messaggi attuali, purché sappia rimanere entro i limiti che le sono propri. La composizione di un edificio fondata solo sulla disarmonia e sulla frammentazione esaurisce rapidamente i contenuti che vuole trasmettere, e alla fine resta una costruzione di dubbia utilità, perché incapace di accogliere e farsi abitare al di là dell’inquietudine che voleva provocare.

“Perché, mi chiedo spesso, si arrischia così raramente ciò che è immediato e ciò che è difficile? Perché nell’architettura recente si riscontra così poca fiducia nelle cose più peculiari che distinguono l’architettura: il materiale, la costruzione, il sorreggere e l’essere sorretto, la terra e il cielo, così poca fiducia in spazi liberi di essere autenticamente tali; spazi in cui si ha cura dell’involucro spaziale che li definisce, della consistenza materiale che li caratterizza, della loro capacità di ricezione e di risonanza, della loro cavità, del loro vuoto, della luce, dell’aria, dell’odore?”

Certa architettura moderna si fonda eccessivamente sulla ricerca della stravaganza costruttiva e formale, imponendosi all’attenzione del visitatore che passa in secondo piano rispetto al messaggio dell’architetto. Al contrario, descrivendo le architetture che l’hanno affascinato, Zumthor evidenzia la capacità che certi luoghi hanno di accogliere il visitatore, di metterlo a suo agio in situazioni spaziali che l’uomo trova istintivamente piacevoli e accoglienti.

“costruire non tanto volendo provocare le emozioni, quanto ammettendo le emozioni. Restare saldamente attaccati alla cosa stessa, vicini all’essenza dell’oggetto”

Tali luoghi accendono quella tonalità emotiva che caratterizza i concetti di “casa”, di “abitare”. Questo sentire, che nasce più spesso nei luoghi modesti, ha il sapore della nostalgia, della dolcezza che si prova di fronte alle tradizioni antiche, al lento ripetersi delle abitudini. Il lavoro artigianale e la naturalezza dei materiali sapientemente utilizzati contribuiscono a creare costruzioni fuori dal tempo, che si abbandonano al tempo.

La presenza di certe costruzioni ha per me qualcosa di misterioso. Sembrano essere lì, semplicemente. Non prestiamo loro nessuna attenzione particolare, eppure è pressoché impossibile immaginarsi senza di loro il luogo in cui sono insediate. Sono costruzioni che danno l’impressione di essere solidamente ancorate nel terreno, di essere parte integrante dell’ambiente a cui appartengono; sembrano dire: «sono così come tu mi vedi ed è qui che devo stare».

La possibilità di progettare delle costruzioni che nel corso del tempo entrano in una simbiosi così naturale con la conformazione e la storia del loro luogo, eccita la mia passione”

Cosa hanno da dirci queste costruzioni? Qual’è il loro linguaggio? Queste atmosfere così delicate per rivelarsi hanno bisogno di un ascolto paziente. Il silenzio ci parla autenticamente di una dimensione che quotidianamente rimane celata. L’architettura riuscita fa risuonare questa attesa e permette l’occasione per questo incontro col vero.

Un edificio può assumere qualità artistiche quando le sue forme e i suoi contenuti molteplici confluiscono in una forte atmosfera di fondo. Ma questa artisticità non ha nulla a che vedere né con l’originalità né con una configurazione singolare o ingegnosa. Ha a che fare invece con la saggezza, la ragione e soprattutto con la verità. E forse la poesia è la verità inaspettata. La sua apparizione ha bisogno di silenzio. Dare corpo a questa tacita attesa è il compito artistico dell’architettura. Poiché la costruzione di per sé non è mai poetica. Dispone soltanto di quelle delicate qualità che in certi momenti possono farci capire qualcosa che mai in precedenza avevamo potuto capire in quel modo”

Questo libro denso si compone di frammenti legati da una profonda ricerca sul significato dell’oggetto architettonico. L’autore ci rende partecipi attraverso begli esempi di narrativa delle esperienze che hanno influenzato il suo lavoro e il suo modo di pensare la propria professione. La dettagliata descrizione fenomenologica non solo dei luoghi, ma anche del processo creativo e dell’intuizione progettuale, ci fa affacciare su una nuova dimensione del vivere gli edifici. Questa raccolta di scritti offre un esempio di come l’architettura possa essere più vicina all’uomo, e di come sia in grado di dire qualcosa riguardo ciò che, più profondamente, lo abita.

Per approfondire:
http://it.wikipedia.org/wiki/Peter_Zumthor