Con piacere vi presentiamo l’esclusiva traduzione in Italiano, a cura di  Manuela Ritte e Franco Bertossa, di alcuni brani scelti tratti dal testo fondamentale del fondatore del Soto Zen. Il testo originale è la traduzione dal Giapponese al Tedesco di Ohashi Ryosuke e Rolf Elberfeld, ed è stato  gentilmente messo a disposizione del Centro Studi Asia dal Prof. Ohashi, che ringraziamo sentitamente.

KUGE (1) Fiore vuoto (2)

Il Grande Maestro buddista [Bodhidharma] dice: “Un fiore dispiega cinque petali, [e] porta frutti che così scaturiscono (jinenjō) da sé”. (3)

E’ necessario insistere nell’apprendimento di questo tempo (jisetsu) dello schiudersi del fiore, della luce chiara e della forma colorata (sangaku). Il dispiegamento di un fiore è cinque foglie, il dispiegamento di cinque foglie è un fiore. Lì dove lo stato di cose (dōri) dell’un fiore è ininterrotto […, vale:]: “Sono venuto originariamente in questo paese [=Cina] per comunicare il Dharma e per salvare gli esseri erranti.” (4) Il ricercato luogo del raggiante chiarore è ciò che è necessario apprendere con insistenza. Lasciare al portare frutti il suo portare frutti significa [che esso] “scaturisce così” da sé.

“Scaturire così da sé” significa: Se si esercita la causa, si sentono gli effetti [ossia i frutti]. Il mondo manifesto ha cause, il mondo manifesto ha effetti. Si esercitano le cause e gli effetti (inga) (5) di questo mondo manifesto [e] si sentono cause ed effetti del mondo manifesto. [Il] sé (ji) è io (ko), ma io non sono altro che tu, cioè i quattro elementi (shidai) (6) e i cinque fattori dell’esserci (go’un) [skandha; nostro].

Siccome questo vuol dire poter prendere a servizio “il vero uomo senza rango (7)”, [il Sé] non è né io (ware) né qualcun altro. Perciò l’in-condizionato si chiama [il] Sé (ji). So (nen) significa riconoscimento affermativo. Scaturire così da sé è il tempo (jisetsu) della fioritura e del portare frutti, è il tempo (jisetsu) della trasmissione del Dharma e dell’essere salvati dall’errore. Per esempio lo è il tempo-luogo [circostanza; nostro] (jisho)(8) del dispiegamento e della fioritura dei fiori blu del Loto (9), che sono come l’interno del fuoco e il tempo del fuoco. Scintille e fuoco fiammeggiante sono tutti luogo e tempo dello schiudersi e della fioritura del fiore blu del Loto. Quando non è il tempo-luogo del fiore blu del Loto, non si dà neanche una sola fiammella e neanche una sola fiammella è in viva attività. In una fiammella ci sono centinaia e migliaia di fiori di loto blu, si schiudono e si propagano nel cielo, si schiudono e propagano sulla terra. Si schiudono e propagano nel passato, si schiudono e propagano nel presente. Vedere e udire tempo di apparizione e luogo di apparizione del fuoco significa vedere e udire i fiori del Loto blu. Si deve vedere e udire senza trascurare il tempo-luogo (jisho) dei fiori del Loto blu.

Un vecchio antenato dice: “Fiori del Loto blu si schiudono in mezzo al fuoco.” Siccome le cose stanno così i fiori del Loto blu si schiudono e propagano sicuramente sempre in mezzo al fuoco. Se si vuole sapere l’interno del fuoco, questo è [possibile] nel luogo (tokoro)(10) dello schiudersi e della fioritura del fiore del Loto blu. Non si rimanga attaccati alla visione umana o alla visione celeste per imparare l’interno del fuoco. Per quel che riguarda il dubitare, si deve dubitare così anche del sorgere del Loto nell’acqua. Si deve dubitare anche che su ramoscelli e rami ci siano diversi fiori. Se mai qualcosa è da dubitare, si dubiti del tranquillo esistere del mondo abituale. Tuttavia non se ne dubita. Chi non è un maestro buddista non sa che allo schiudersi di un fiore, scaturisce il mondo (11).

Lo schiudersi di un fiore significa tre e tre davanti e tre e tre dietro [cioè qui e là]. Per rendere piena questa cifra si raccoglie ogni specie di cose per farla crescere.

Per favorire il darsi di questo stato di cose si devono misurare in tutta la loro estensione, e conoscere, primavera e autunno. Non solo in primavera e autunno ci sono fiori e frutti, [poiché nell’] essere-tempo (uji)(12)(13) ci sono sicuramente sempre fiori e frutti. Fiori e frutti conservano entrambi il loro tempo (jisetsu) e i tempi conservano di volta in volta tutti i loro fiori e frutti. Perciò cento erbe hanno tutte i loro fiori e frutti, diversi alberi hanno i loro fiori e frutti.

Alberi d’oro e argento, rame e ferro, corallo e cristallo e cose simili hanno tutti i loro fiori e frutti. Alberi di terra, acqua, fuoco, vento e cielo hanno tutti i loro fiori e frutti. Alberi di uomini hanno i loro fiori, fiori di uomini hanno i loro fiori e alberi secchi hanno i loro fiori. Mentre le cose stanno così, il sublime [Shākyamuni] parla del “fiore vuoto” (kūge). Sebbene le cose stiano così, quelli di poca esperienza e ragionevolezza non sanno come i colori, lo splendore, i petali e i fiori di questo vuoto fiore siano, lo sentono solo [letteralmente nel senso di un meramente] come vuoto fiore.

Si deve sapere che sulla Via del Buddha (butsudō)(14) c’è il discorso del fiore vuoto e coloro che stanno al di fuori del Buddismo (gedō)(15) non conoscono il discorso del fiore vuoto; come potrebbero allora esperirlo del tutto? Solamente i Buddha e i maestri buddhisti conoscono il dispiegarsi e il cadere del vuoto fiore del cielo e del fiore della terra e conoscono il dispiegarsi e il cadere del fiore del mondo. Sanno che vuoti fiori del cielo, fiori della terra, fiori del mondo e molte altre cose sono Sutra (16). Questa è la norma per apprendere l’essere Buddha. Siccome il veicolo dei Buddha e dei maestri buddhisti è il vuoto fiore del cielo (kūge), sia il mondo del Buddha che anche tutti i dharma dei Buddha sono allo stesso tempo il fiore vuoto (kūge). Nonostante ciò, quando alla gente comune e agli stolti vengono riferite le parole di Nyorai  “ciò che viene visto da parte degli occhi intorbiditi dalla malattia è il fiore vuoto”, loro pensano che gli occhi intorbiditi dalla malattia significhino gli occhi strabici degli esseri sofferenti. Essi pensano, siccome gli occhi malati sono già storti, che si vedano ed odano nel puro vuoto cielo i fiori vuoti.

Essi pensano, siccome ci si attiene a questa comprensione, che si ritengano erroneamente come essenti i tre mondi, le sei Vie, l’essere di Buddha e il non essere di Buddha, ma che non esistono [in realtà].

Loro pensano, che una volta cessato l’intorbidamento ingannevole e folle degli occhi, i fiori vuoti non si vedano più e perciò che il discorso riguardi il vuoto, in cui originariamente non vi è nessun fiore.

Che miseria! Tale gente non conosce né il tempo (jisetsu) né inizio e fine del fiore vuoto, come detto da Nyorai. Lo stato di cose del fiore vuoto negli occhi intorbiditi dalla malattia di cui parlano tutti i Buddha, fino ad ora non è stato colto dalla gente comune e da quelli che stanno al di fuori del Buddismo. Tutti i Buddha Nyorai esercitano questo fiore e ottengono la loro veste, la loro sede e la loro stanza,(17) raggiungono la via ed ottengono i frutti.

Alzare un fiore (18) e ammiccare con gli occhi (19), tutto è un rendere manifesto (kōan) (20) in cui i fiori vuoti nell’occhio intorbidito dalla malattia si presentano pienamente (genjō). Il fatto che il meraviglioso cuore del nirvana nella stanza del tesoro dell’occhio destro del Dharma fino ad ora sia stato tramandato correttamente e non si sia interrotto, questo si chiama il fiore vuoto nell’occhio intorbidito dalla malattia. Risveglio (bodai) e nirvana, corpo del Dharma (hōshin) e propria essenza (jishō) ed altro ancora sono due o tre foglie tra le cinque foglie, che il fiore vuoto dispiega. Il Buddha Shākyamuni dice: “E’ come quando un uomo dagli occhi malati vede nel bel mezzo del cielo vuoto dei fiori; quando la malattia degli occhi viene eliminata, scompaiono [anche] i fiori nel cielo vuoto.” (21)

Non c’è ancora nessun discente che abbia risolto questo detto. Siccome non conosce il vuoto, non sa niente del fiore vuoto; siccome non conosce il fiore vuoto non sa niente di uomini dagli occhi malati; non vede l’uomo dagli occhi malati, non incontra l’uomo dagli occhi malati, non è l’uomo dagli occhi malati. Si deve incontrare [personalmente] l’uomo dagli occhi malati, conoscere anche il fiore vuoto e scorgere il fiore vuoto. Dopo aver visto il fiore vuoto, si deve vedere che i fiori scompaiono nel vuoto. Pensare che non ci siano più i fiori vuoti, una volta cessati, è l’opinione del piccolo veicolo (22). Dove mai dovrebbero essere i fiori vuoti quando non si offrono alla vista? Loro sanno solo che i vuoti fiori sono da togliere via e non sanno dei grandi compiti che seguono [al togliere via] i vuoti fiori, loro non sanno che i semi dei fiori vuoti maturano e cadono.

Ora i comuni studiosi pensano che il luogo (tokoro) dove dimora l’aria luminosa sia il vuoto cielo; il luogo, dove sole, luna e stelle pendono, sia il vuoto cielo; così loro presumono che i vuoti fiori del cielo siano come dei colori variopinti ascendenti che si muovono in mezzo all’aria luminosa come delle nuvole sospese e sospinte su e giù dal vento, che fa volare i fiori verso est ed ovest. Chi chiama i quattro elementi (shidai) che creano e che vengono creati e tutti i dharma del mondo dell’abitare, e inoltre il risveglio originario (hongaku) e la natura [del Sé] originaria e qualcosa di simile, come vuoto fiore del cielo è particolarmente ignorante. Non sa neanche che solo attraverso tutti i dharma ci sono i quattro elementi che creano ed altro, egli non sa che solo attraverso tutti i dharma il mondo abituale si sofferma nel rango del Dharma (hō’i), egli pensa solo che per mezzo del mondo abituale ci siano tutti i dharma.

Egli fa esperienza totale solo del fatto che il vuoto fiore c’è per via dell’intorbidamento dell’occhio e non esperisce interamente lo stato di cose in cui, attraverso il vuoto fiore, si lascia sussistere il patologico intorbidamento dell’occhio. Si deve sapere che l’uomo dagli occhi malati è l’uomo originariamente risvegliato della Via del Buddha, l’uomo risvegliato miracolosamente, l’uomo in quanto tutti i Buddha, l’uomo dei tre mondi, l’uomo che s’innalza al Buddha. Quando impari non devi pensare che il patologico intorbidamento sia un dharma illusorio e che ci siano invece dei veri dharma. La vista di chi pensa in questa maniera è corta.

Se il fiore nel patologico intorbidamento è un dharma illusorio, il dannoso attaccamento a questo in quanto dharma illusorio e ciò a cui ci si attacca devono essere tutti dei dharma illusori. Se entrambi fossero dei dharma illusori, non si realizzerebbe uno stato di cose (dōri). Se non si desse la realizzazione di alcuno stato di cose, non si darebbe il caso che il fiore nel patologico intorbidamento fosse un dharma illusorio. Siccome il risveglio (satori, go) è patologico intorbidamento, tutti i dharma del risveglio sono [allo stesso tempo] tutti i dharma dello splendore del patologico intorbidamento. Siccome l’erranza (mei) è patologico intorbidamento, tutti i dharma dell’erranza sono tutti i dharma dello splendore del patologico intorbidamento.

Per un momento va preso in considerazione il seguente:

Se gli occhi intorbidati dalla malattia sono nell’indifferenziato, anche i petali vuoti sono indifferenziati, se gli occhi intorbidati dalla malattia sono non nati, anche i petali vuoti sono un che di non nato, se tutti i dharma sono figure vere, i fiori nell’intorbidamento della malattia sono delle figure vere.

Non si deve parlare di passato, presente e futuro, [poiché tutto questo] non ha niente a che fare con inizio, in mezzo e dopo. Siccome [ciò] non viene impedito da nascere e cessare, [ciò] è in grado di far nascere il nascere e far cessare il cessare. [Ciò] nasce in mezzo al vuoto, [ciò] cessa in mezzo al vuoto. [Ciò] nasce in mezzo all’intorbidamento della malattia, [ciò] cessa in mezzo all’intorbidamento della malattia. [Ciò] nasce in mezzo al fiore, [ciò] cessa in mezzo al fiore. Inoltre tutti i restanti tempo-luogo (jisho) sono anche in questo modo.

Durante lo studio del fiore vuoto ci devono inoltre essere diversi piani. C’è ciò che viene visto da occhi intorbidati dalla malattia, c’è ciò che è visto da occhi limpidi, c’è ciò che è visto dagli occhi del Buddha. C’è ciò che è visto dagli occhi della Via, c’è ciò che è visto da occhi ciechi. C’è ciò che si vede da tremila anni, c’è ciò che si vede da ottocento anni. C’è ciò che è visto da cento eoni, c’è ciò che è visto da innumerevoli eoni. Anche se tutti costoro scorgono i vuoti fiori del cielo, il cielo vuoto mostra già diversi piani e anche il fiore innumerevoli piani.

Va saputo proprio questo: Il vuoto è una pianta. Questo vuoto fiorisce sicuramente come fiore, così come fioriscono i fiori sulle cento piante. La parola di Nyorai (23) è da intendere contemplando questo stato di cose: “Nel vuoto originariamente non c’è nessun fiore”. Anche se originariamente non c’è nessun fiore, ci sono ora dei fiori, così come risulta vero per i [fiori] di pesco e di albicocco, per i [fiori] di prugno e di salice.

In un modo simile si comprende che [è vero] che il prugno ieri non portava nessun fiore, [ma che ora] in primavera porta dei fiori. Siccome le cose stanno così: “quando giunge il tempo (jisetsu), allora fioriscono i fiori”, i fiori devono essere il tempo e i fiori devono essere il giungere. Questo tempo vero e giusto in cui giungono i fiori, non è mai stato in disordine. I fiori del prugno e del salice fioriscono in modo sicuro sul prugno e salice. Se si vedono i fiori si riconoscono prugno e salice. Se si vedono prugno e salice, si distinguono i fiori. I fiori di pesco e albicocco non sono mai fioriti su prugno e salice. I fiori di prugno e salice fioriscono sul prugno e salice, i fiori di pesco e albicocco fioriscono sul pesco e albicocco. Allo stesso modo fioriscono i fiori vuoti nel vuoto.

Inoltre essi non fioriscono sulle piante e sugli altri alberi che restano. Vedendo tutti i colori del fiore vuoto si misura nella sua portata l’inesauribilità dei frutti vuoti. Vedendo lo sbocciare e il cadere del petalo vuoto si devono apprendere primavera e autunno del fiore vuoto. La primavera del fiore vuoto e la primavera dei restanti fiori devono essere uguali.

Così come i fiori vuoti sono molto diversi, così ci devono anche essere molti tempi della primavera. Perciò ci sono la primavera e l’autunno di una volta e di ora. Chi impara che i fiori vuoti non sono reali, [ma] che i restanti fiori sono reali, non ha né scorto né sentito la dottrina del Buddha. Chi impara udendola la dottrina “Nel vuoto non c’è originariamente nessun fiore” [e pensa] che i petali vuoti originariamente non dati sono ora dati, è di vedute ristrette e corte. Egli [invece] deve procedere e pensare ampiamente.

Un maestro buddista dice: “Mai finora è nato fiore.” (24) La piena manifestazione (genjō) di questa essenza (25)  [significa] per esempio che [nessun] fiore finora è mai nato e [nessun] fiore finora è mai cessato. Vale che: neppure il fiore finora è mai stato fiore, neppure il vuoto finora è mai stato il vuoto. Non bisogna scambiare il prima e il dopo dei fiori e ragionare con leggerezza su essere [dato] e non [essere dato]. I fiori sembrano sempre essere tinti da diversi colori, [ma] i diversi colori sicuramente non si limitano ai fiori. Anche i diversi tempi hanno colori come blu, giallo, rosso, bianco ecc. La primavera attira dei fiori e fiori sono qualcosa che attira la primavera. Il mandarino Chō Setsu (26) è un allievo laico di Sekiso (27). Egli ha composto un verso al suo Risveglio che ha le seguente parole: “Chiara luce illumina silenziosamente l’intero [fiume] Gange.”(28)

Questa chiara luce ha fatto di nuovo apparire pienamente (genjō) la sala dei monaci, la sala del Buddha, la cucina e il portone del tempio (29). L’intero fiume Gange è piena manifestazione della chiara luce ed è la chiara luce della piena manifestazione.

“Tutte le anime che camminano nel Samsara, la gente ordinaria e i santi sono tutti insieme la mia famiglia.”

Non è che non ci siano degli uomini ordinari e dei saggi santi; quindi non denigrare gli uomini ordinari e i saggi santi.

“Dove un pensiero non nasce appare l’intero.”

Pensiero e pensiero sono di volta in volta.

Essi sono sicuramente non nati e sono il totale apparire dell’intero.

Perciò si comprende: Neanche un pensiero è nato.

“Quando i sei sensi si muovono anche solo in modo impercettibile,

[i pensieri] vengono ostacolati dall’annuvolamento.”

Perfino quando i sei sensi sono occhio, orecchio, naso, lingua, corpo e pensiero (30), non sono [contabili] al modo di due per tre, [ma] devono essere davanti e dietro tre e tre [cioè aldilà del contabile]. Il loro movimento è come la montagna Sumeru (31), come la grande terra, come i sei sensi, come il movimento impercettibile. Siccome il loro movimento è già come la montagna Sumeru, anche la non agitazione è come la montagna Sumeru. Essa forma per esempio delle nubi e l’acqua.

“Se si tronca la brama, aumentano le malattie.”

Non è che nessuno si fosse mai ammalato, [poiché] ci sono la malattia del Buddha e la malattia del maestro. L’appena nominato troncare per mezzo della saggezza fa accumulare e aumentare le malattie. Il tempo vero e giusto del troncare, questo è sicuramente brama (bon’nō). [Entrambi sono] allo stesso tempo e non allo stesso tempo.

La brama porta sicuramente con sé il dharma del troncare.

“Volgere le spalle al vero, questo è dannoso”.

Orientarsi verso il vero, questo è [anche] dannoso.

Il vero è [anche] il volgere le spalle, questo è il vero nel volgere le spalle di volta in volta. Chi sa che anche questo essere dannoso è il vero?

“Se si seguono gli avvenimenti mondani non c’è impedimento”.

Avvenimenti mondani e avvenimenti mondani si susseguono a vicenda, seguirsi e seguirsi sono avvenimenti mondani. Questo si nomina senza impedimento. Impedimento e non impedimento si devono esercitare per mezzo dell’essere impediti dall’occhio. (32)

“Nirvana – vita e morte (shōji), questo sono i petali vuoti”.

Nirvana significa il completo risveglio. (33)

Questa è la dimora dei maestri buddhisti e dei loro allievi. Vita e morte sono la personificazione del vero uomo reale. Anche se questo nirvana e questa vita e morte (shōji) sono di volta in volta un dharma, sono dei fiori vuoti. Radice, gambo, ramificazioni, foglie e petalo, frutto, splendore e colori del fiore vuoto sono tutti lo sbocciare dei petali del fiore vuoto. I fiori vuoti portano sicuramente il frutto del vuoto e lasciano cadere il seme del vuoto.

Anche se i tre mondi che si vedono e sentono ora sono lo sbocciare dei cinque petali del fiore vuoto, [ciononostante] non sono come i tre mondi, [ma] sono da vedere nei tre mondi.(34)

Tutti questi dharma sono delle vere forme, tutti questi dharma sono forme di fiori.

Si deve imparare insistentemente che, inoltre, tutti gli smisurati dharma sono fiori del vuoto e frutti del vuoto che sono uguali a prugno, salice, pesco e albicocco.

Il maestro Zen Reikun della montagna Fuyō (35) nella provincia Fukushū nel grande regno Sung [=Cina] era venuto all’inizio dal maestro Zen Shishin del tempio Kishū e chiese: “Cos’è il Buddha?” Kishū rispose: “Se te lo dico poi lo crederai o no?”

Il Maestro [Reikun] disse: “Come potrei non credere alla parola sincera del venerabile monaco?” Kishū disse: “Proprio tu lo sei!”. Maestro [Reikun] disse: “Come è da serbare il fatto [che io sono il Buddha]?”

Kushū rispose:”Se c’è un patologico intorbidamento nell’occhio, i fiori vuoti turbinano verso il basso.”(36)

La parola ora espressa da Kishū “Se c’è un patologico intorbidamento nell’occhio, i fiori vuoti turbinano verso il basso” afferra il Buddha che custodisce [il Buddha]. Siccome le cose stanno così si deve sapere che il turbinare verso il basso dei fiori dell’intorbidamento degli occhi è la piena manifestazione di tutti i Buddha e i fiori e i frutti degli occhi vuoti il custodire di tutti i Buddha.

Far apparire pienamente (genjō) l’occhio tramite l’intorbidamento degli occhi; nel bel mezzo dell’occhio appaiono pienamente i fiori vuoti; nel bel mezzo dei petali vuoti appare pienamente l’occhio. Se ci sono dei fiori vuoti nell’occhio, turbina verso il basso un intorbidamento degli occhi.

Se c’è un occhio nel vuoto, molti intorbidamenti degli occhi devono turbinare verso il basso.

Questo vuol dire: l’intorbidamento degli occhi è la manifestazione di tutti gli eventi, agiti ed agenti (zenkigen) (37), l’occhio è la manifestazione di tutti gli eventi, agiti ed agenti, i fiori sono l’apparire di tutti gli eventi, agiti ed agenti. Ciò che turbina verso il basso sono mille occhi e l’intero corpo in quanto occhio. In ogni tempo e luogo, dove c’è un occhio ci sono sicuramente i fiori vuoti, ci sono fiori oculari. [Questi] fiori oculari si chiamano vuoti fiori del cielo e l’afferrare il fiore oculare è sicuramente rischiarimento; perciò [vale]: Il grande maestro Kōshō della montagna Roya (38) dice: “Meravigliosi sono i Buddha delle dieci direzioni,(39) loro sono originariamente dei fiori in mezzo all’occhio. Se si vogliono riconoscere i petali in mezzo all’occhio, [si vede che] loro sono i Buddha delle dieci direzioni. Se si vogliono riconoscere i Buddha delle dieci direzioni, [si vede che] non sono i petali in mezzo all’occhio. Se si vogliono riconoscere i petali in mezzo all’occhio, [si vede che] loro non sono i Buddha delle dieci direzioni. [Se si] raggiunge chiarezza in ciò [si vede] l’errore nei Buddha delle dieci direzioni. Se non si è ancora raggiunti della chiarezza, il risvegliato attraverso l’udire (Hörend-Erwachte) (shōmon) fa una danza e l’uomo che si è risvegliato da sé (Allein-Erwachte)(40) si adorna.”(41)

Si deve sapere che questo non significa che i Buddha delle dieci direzioni non siano veri, loro sono originariamente fiori in mezzo all’occhio. Il luogo dove i Buddha delle dieci direzioni soggiornano, è il mezzo dell’occhio e se non è il mezzo dell’occhio non è la dimora di tutti i Buddha.

Fiori in mezzo all’occhio non sono né qualcosa di non dato [ossia niente], né qualcosa di dato [ossia essere] (42) , né vuoto, né qualcosa di reale, loro sono da sé i Buddha delle dieci direzioni.

Se si vuole riconoscere esclusivamente [loro come] i Buddha delle dieci direzioni, allora loro non sono i fiori in mezzo all’occhio;

questo equivale a: se si vuole riconoscere esclusivamente [loro come] fiori in mezzo all’occhio, allora loro non sono i Buddha delle dieci direzioni.

Siccome le cose stanno così, l’essere chiarito e il non essere chiarito sono entrambi fiori in mezzo all’occhio e i Buddha delle dieci direzioni. Voler riconoscere e non [voler]-essere-così sono allo stesso tempo la meravigliosa piena manifestazione, la grande cosa meravigliosa. L’essenza del vuoto fiore del cielo e del fiore della terra così come vengono afferrati dai Buddha e dai maestri è, in questo modo, audace eleganza. È vero che gli studiosi dei Sutra e dei commentari possono ancora appena udire la parola del vuoto fiore celeste, ma per ciò che concerne la vena vitale del fiore terreno, non c’è [per essi], ma solo per i Maestri buddhisti, un motivo determinante (innen) di vederla e di udirla. C’è un afferrare da parte dei maestri buddisti che ha riconosciuto la vena vitale del fiore terreno.

Il maesto Etsu della montagna Sekimon (43) nel grande regno Sung è stato il venerabile caposcuola [nella scuola] della montagna Ryo. Di volta in volta c’erano monaci a chiedere: “Cos’è il tesoro in mezzo alla montagna? ”(44).

L’essenza di questa domanda significa lo stesso che chiedere: “Chi è il Buddha?” e chiedere:” Cos’è la Via?”.

Il maestro rispose: “I vuoti fiori del cielo irrompono dalla terra e se si vuole comprare l’intera terra, non c’è nessun portone [per la demarcazione del limite].”

Questa parola non può semplicemente essere paragonata con le altre parole. Se le persone ordinarie del mondo parlano del vuoto fiore celeste in quanto il fiore vuoto, comprendono solo che essi nascono nel cielo vuoto e inoltre cessano nel vuoto cielo.

Non c’è ancora nessuno che sa che [i petali] risultano dal cielo vuoto. Tanto meno qualcuno che sa che [essi] risultano dalla terra. Solo il [maestro] Sekimon lo sa. Risultare dalla terra significa: inizio, in mezzo e dopo risultano alla fine tutti dalla terra. Erompere è dispiegamento. Proprio in questo tempo vero e giusto risulta dall’intera grande terra l’erompere e segue dall’intera grande terra il dispiegamento. Ciò che concerne [la parola] “se si vuole comprare l’intera terra, non c’è nessun portone”, non si può dire che non c’è nessun acquisto dell’intera terra, [bensì] è l’acquisto dell’assenza del portone. Ci sono dei fiori celesti vuoti che erompono risultando dalla terra, c’è l’intera terra che si dispiega risultando dai fiori. Siccome le cose stanno così si deve sapere che l’essenza dei vuoti fiori celesti lascia dispiegare ed erompere sia la terra che il cielo vuoto.

Shōbōgenzō Kūge [Capitolo] 14. Questo viene esposto davanti ai monaci nel primo anno Kangen [1243] del terzo mese [del calendario lunare] nel tempio Kannon-dōri-kōshō-hōrin. Scritto nel 2° anno Kangen [1244] nell’anno del drago nell’elemento legno il 27° giorno del primo mese [del calendario lunare] nella casa del monaco amministrativo nel tempio Kippō in Etsū. Ejō. Completato nel secondo anno Bumpo [1318] il 28° giorno dell’8° mese nel tempio Eihei in Shihishō in Yoshida-gun nella terra Echizen nella sala Enju.

Immagine di Silvia Siberini (fiore in un giardino progettato da Carlo Scarpa a Venezia)

NOTE:

1 Kūge – Fiore vuoto, vuoto fiore del cielo Kū: cielo, lo spazio vuoto, cavo; traduzione per il termine buddista sanscrito sūnyatā (vacuità). Ge: petalofiore. Nishijima/Cross traducono: “Flowers in Space”.
2 I due ideogrammi del titolo sono ambigui. La parola  significa “cielo”, ma anche “vacuità, vuoto”. La parola ge significa fiore, ma anche petalo. Kūge viene tradotto quasi continuamente con “fiore vuoto” e solo in alcuni passi con “vuoto fiore del cielo”, siccome Dōgen gioca con la ambigua metaforica della parola . La parola ge viene tradotta per lo più con “petalo” e solo in alcuni passi, in cui contenuto e contesto lo permettono, con “fiore”.
3 Bodhidharma è inteso secondo la tradizione come il primo maestro buddista Zen in Cina. Questo significa che egli deve aver esercitato nel 400 in Cina (cfr. L’insegnamente di Bodhidarma dello Zen). Il detto che Dōgen impiega qui, è tramandato nel terzo libro del keitoku dentōroku, una cronaca che riguarda la vita dei maestri buddhisti (cfr. Dumoulin, Storia del Buddismo Zen, v. 1,17). Qui viene citato in primo luogo il terzo e quarto verso di un detto che si trova in Taishō vol. 51, testo n. 2076, 300
4 Qui Dōgen cita il primo e secondo verso del detto appena citato (in Taishō vol. 51, testo n. 2076, 300).
5 Inga: causa e effetto. In: motivo, causa; a causa di; poiché; corrispondente; seguire. Ga: frutto; conseguenza, effetto, risultato; veramente, sicuro.
6 shidai: quattro elementi letteralmente: quattro elementi skrt. mahābhūta. Si tratta di terra, acqua, fuoco e vento.
7 Giapp. mui shinjin. Una locuzione del maestro Rinzai (cfr. Lo Zen del maestro Rinzai) che viene tramandato nel 12. Libro del Keitoku dentōroku. Taishō v. 51, testo n. 2076, 300.
8 Jisho: tempo-luogo, tempo e luogo Ji: tempo. Sho: luogo. Tempo e luogo vengono qui nominati in una parola.
9 Il fiore del Loto è nel Buddismo un’immagine del fatto che tutti gli esseri in mezzo al “fango” del mondo ottengono la loro vera essenza e la loro vera bellezza.
10Tokoro: luogo Tokoro, sho: luogo in cui si svolge un’attività, luogo dell’azione
11 Questa locuzione del maestro Prajnātara, predecessore di Bodhidharma, viene tramandata nel secondo libro del Keitoku dentōrokuTaishō v. 51, testo n. 2076, 216.
12 Uji: essere-tempo U: avere, possedere, si dà (es gibt); (fil.) l’essere; (bud.) l’esserci (das Dasein) (skr.) bhavaJi: tempo; stagione, ora; scadenza/termine; giusto tempo, occasione, attuale; ora, di tanto in tanto/ogni tanto; al tempo di, mentre, quando; all’epoca, sempre; tempo (Wetter). Nishijima/Cross traducono con “Existence – Time”, Abe/Waddell con “Being Time”, Heine con “Being – Time”, Wright con “Living Time”, Tsujimura con “Essere = Tempo” (Sein = Zeit).
13 Riguardo a questa parola cfr. l’annotazione nell’appendice al testo Uji e il testo stesso in questo volume.
14 Butsudō: Via del Buddha Butsu: Buddha. Dō: via, camminare, dire. La parola nomina la Via del Buddha in quanto via di passaggio.
15 gedō: coloro che stanno al di fuori del Buddismo Ge: al di fuori, esternamente. Dō: vedi dōri. Coloro che non seguono la dottrina buddhista
16 I Sutra sono i testi canonici che tramandano l’insegnamento del Buddha. Per Dōgen, in ultima istanza però l’intera realtà è da leggere come un Sutra, che si evidenzia innanzitutto nel testo Sansuikyō.
17 Con questo si intendono vestito da monaco, posto per discorsi di insegnamento e la stanza per la personale guida nella pratica da parte del maestro.
18 Dōgen allude qui ad un Kōan dal Mumonkan, in cui il Buddha alza un fiore ed un allievo risponde a questo gesto con un sorriso e mostra con questo il suo risveglio. Cfr. Mumonkan, trad. v. Dumoulin, 52 e seg.
19 Cfr. qui il testo Uji ( p.110) dove questo Kōan viene citato e interpretato.
20 Per Dōgen ogni relazione e ogni situazione è alla fine una forma di “Kōan” nel senso che dappertutto e in ogni tempo il “risveglio” si compie come la rispettiva “pratica”.
21 Detto dal Shuryōgon-gyō (skrt. Śuraǹgama-samādhi-sūtra), 4. Libro, Taishō, v. 19, n. 945, 120.
22 Le più tarde scuole del Buddismo chiamano le precedenti scuole in modo sminuente “piccolo veicolo” (hīnāyana), siccome secondo il loro insegnamento solo i monaci possono raggiungere il nirvana e l’entrare nel nirvana viene connesso con il totale e anche fisico congedo dal ciclo della vita.
23 Nyorai: Skrt. tathāgata. “Colui che è venuto ossia andato via così” o “colui che viene dalla talità”. Nomina il Buddha Shākyamuni e i Buddha come quelli che hanno raggiunto il più alto risveglio.
24 Questo verso è tramandato dal maestro Eka (cin. Huike, allievo del Bodhidharma) nel terzo libro del Keitoku dentōroku.Taishō, v.51, testo n. 2076, 220.
25 Giapp. sōshi. È intesa l’essenza della dottrina.
26 Chō Setsu: di questo mandarino non si conoscono particolari più dettagliati.
27 Sekiso Keisho (807-888) è conosciuto per il suo severo addestramento meditativo.
28 Il detto di trova nel 22° libro del Shūmon Rentōeyō. Dainihon zokuzōkyō, Vol. 136, copertina n. 9, quaderno 5, 397. La citazione letterale va fino alla sezione 24 nel testo presente (questo o il testo citato?- chiedere a Ohashi).
29 Citazione dalla raccolta dei detti di Yunmen. Taishō v. 47, testo n. 1988, 561.
30 Nel Buddismo il pensiero (skrt. manas) viene considerato un “senso” accanto agli altri cinque sensi.
31 Montagna [simbolo] del mondo della cosmologia del Buddismo.
32 Cfr. il testo Uji, 112.
33 Skrt. anuttara-samyak-sambodhi. Con questa parola viene espresso il più alto risveglio.
34 Si tratta qui di una citazione dal Sutra del LotoTaishō v. 9, testo n. 262, 42. Borsig traduce la frase con “Non come gli esseri viventi nei tre mondi guardo sui tre mondi”, Sutra del Loto, 284.
35 Reikun della montagna Fuyō: maestro Zen cinese. Dati di vita non conosciuti.
36 Dōgen cita qui un testo dal 10. libro del Keitoku dentōroku.Taishō, v.51, testo n. 2076, 280.
37 Cfr. a questo proposito la traduzione del testo Zenki in questo volume.
38 Kōshō della montagna Roya: maestro Zen cinese. Dati sulla vita non conosciuti.
39 Giapp. juppōbutsu. Un motivo che si trova spesso nel Sutra del Loto. Cfr. per esempio cap. 2 abilità, nella traduzione di Borsig. Per quanto riguarda le dieci direzioni vedi Juppō nella spiegazione delle parole.
40 Giapp. dokkaku. Colori che con la propria forza e senza maestro hanno raggiunto il risveglio
41 La citazione si trova nel terzo libro dello ZokudentōrokuTaishō v. 51, testo n. 2077, 484.
42 Cfr. umu nelle spiegazioni delle parole.
43 Etsu della montagna Sekimon: maestro Zen cinese. Dati sulla vita non conosciti.
44 La citazione si trova nel 24. libro del Tenshō Kōtōroku. Dainihon zokuzōkyō, v. 135, copertina n. 8, quaderno 5, 421.