Tutti pazzi per Gödel, la guida completa al teorema di incompletezza
Fancesco Berto
2008, Laterza

I teoremi di incompletezza, dimostrati dal logico matematico Kurt Gödel nel 1931, rappresentano i risultati della logica formale forse più noti e profondi del ‘900. Come affermò John von Neumann:

“Il risultato di Kurt Gödel nella logica moderna è unico e monumentale – in realtà è  più di un monumento, è una pietra miliare che resterà  visibile da lontano nello spazio e nel tempo.”

La prova di Gödel è un risultato tecnico piuttosto complesso, ma che ha conseguenze che vanno anche al di là della logica formale: matematici, filosofi, fisici e informatici si sono cimentati in varie interpretazioni dei teoremi di incompletezza per argomentare ipotesi sulla natura della matematica o per esplorare i limiti della conoscenza umana.

La caratteristica di “Tutti pazzi per Gödel” consiste proprio nel proporre una dimostrazione dei teoremi di incompletezza sufficientemente rigorosa, ma accessibile anche al lettore non specialista, e nello stesso tempo di dedicare quasi la metà del volume a descrivere e commentare le diverse posizioni filosofiche che fanno riferimento ai risultati dell’illustre logico austriaco.

L’autore è un giovane e brillante filosofo italiano, Francesco Berto, che ha la passione per l’ontologia e per la logica, e che insegna presso le università di Venezia e di Aberdeen. Un filosofo che quindi sa accompagnarci alla scoperta dei significati matematici e non matematici dei risultati gödeliani, e che nello stesso tempo si rivela una valida e competente guida anche per gli aspetti più formali delle questioni trattate.

Tutto nasce – si potrebbe dire – con il programma formalista di Hilbert di ridurre la matematica a formalismo, le dimostrazioni a procedure simboliche e i postulati a proposizioni convenzionali. Un sistema formale che rappresenti tutta l’aritmetica (e quindi di conseguenza tutta la matematica) deve però essere coerente e completo. Coerente nel senso che esso non può dimostrare una proposizione e il suo contrario, e completo nel senso che data qualunque proposizione del sistema, bisogna essere in grado di dimostrare o la proposizione stessa o il suo opposto. In altri termini, un sistema che ambisca a descrivere, e quindi fondare, l’intera matematica, non può né essere contraddittorio né può trascurare di dimostrare tutte le proposizioni vere.

L’operazione di Gödel è  quella di costruire, all’interno del sistema formale S, una proposizione autoreferenziale G, il cui significato è “G non è dimostrabile in S”; quindi si passa a dimostrare che se S è un sistema non contraddittorio e sufficientemente potente da descrivere l’aritmetica, né G né il suo opposto sono dimostrabili all’interno di S. Ne segue che G è una proposizione indecidibile in S, e che lo stesso sistema S non è completo; ma allora non può esistere nessun altro sistema formale che possa esprimere in modo completo l’aritmetica, e quindi il programma di Hilbert è destinato al fallimento.

Un modo piuttosto intuitivo per cogliere il senso della dimostrazione di Gödel è quello di osservare che se G fosse dimostrabile in S, allora sarebbe vero, ma se G è vero allora è vero che “G non è dimostrabile in S”, e quindi avremmo una contraddizione; ma se G è un sistema coerente le contraddizioni non sono ammissibili, e dunque G non può essere dimostrabile in S. Il significato dell’opposto di G è, invece, che non è vero che G non è dimostrabile in S, cioè “G è dimostrabile in S”. Ma allora neanche non-G è dimostrabile in S, poiché altrimenti S dimostrerebbe qualcosa di falso. Quindi, appunto, in S non è dimostrabile né G, né non-G.

La questione, tuttavia, contiene molti punti delicati, che riguardano, in particolare, il rapporto fra l’ambito sintattico (cioè quello del formalismo), e l’ambito semantico (cioè quello del significato, del vero e del falso). Il pregio del libro di Berto è quello di entrare nei dettagli di distinzioni anche piuttosto sottili e di chiarirle al lettore, che deve comunque essere paziente nel seguire da una parte i passaggi formali, e dall’altra la loro interpretazione semantica.

Gödel era un platonista: era convinto, cioè, che le verità della matematica esistono indipendentemente dall’uomo e che il matematico non inventa i fatti matematici, ma li scopre. Il suo teorema può essere interpretato proprio in un senso platonista: se i numeri naturali esistono in modo autonomo, allora anche tutte le proposizioni dell’aritmetica saranno o vere o false. Ma se esiste una proposizione G che non è dimostrabile in S, allora il significato del teorema di incompletezza è che “la verità può oltrepassare la dimostrazione”, nel senso che esistono proposizioni che sono vere ma non dimostrabili.

Inoltre il teorema di Tarski ci assicura che dato un sistema S coerente, non si può definire al suo interno il concetto di verità, e quindi la verità non è riducibile ad un sistema formale.

Tuttavia, ci possono essere interpretazioni opposte del risultato gödeliano. Infatti al sistema formale S può  essere aggiunta o la proposizione G o non-G; nel primo caso si ha un sistema formale in cui è vera G e che ha come modello i numeri naturali; nel secondo caso sarà vera la proposizione non-G, e il sistema formale avrà come modello un sistema di numeri naturali non standard, che contengono, ad esempio, i numeri “soprannaturali”: numeri che sono più grandi di qualsiasi numero naturale.

Ciò significa che la proposizione G non è vera in senso assoluto, ma solo rispetto ad un modello specifico di numeri; e quindi il concetto di verità matematica non sarebbe assoluto, ma relativo al modello numerico di riferimento.

Grazie al teorema di incompletezza possiamo costruire un’infinità di sistemi formali a cui corrispondono altrettanti modelli numerici, in mezzo ai quali il sistema intuitivo dei numeri naturali  si disperde e non ha più quella centralità che esso avrebbe in una visione platonista.

Che valore dare, allora, all’intuizione dei numeri naturali? Se l’intuizione è vaga, per cogliere in modo rigoroso il concetto di numero naturale bisogna ricorrere ad un sistema formale? Che ruolo hanno, allora, l’intuizione e la formalizzazione all’interno della matematica, e più in generale nei processi conoscitivi?