Il secondo trimestre di gravidanza è, in genere, molto diverso dal primo.
Il primo trimestre è un periodo di grandi cambiamenti e quindi di grandi domande, il secondo è invece una fase con pochi cambiamenti e quindi, in genere, con poche domande.
I disturbi del primo trimestre sono ormai passati e non ci sono ancora le difficoltà di movimento del terzo, quindi è il periodo più adatto per praticare in maniera più approfondita sia le posizioni dello yoga sia la meditazione.
Per quanto riguarda le posizioni, le più consigliate nel secondo trimestre di gravidanza sono quelle a terra che saranno invece più faticose nei mesi successivi; è anche il momento di praticare la posizione accovacciata che in questo periodo non presenta alcuna controindicazione.
L’aumento dell’addome, le prime sensazioni della presenza del bambino, favoriscono la pratica del canto carnatico che è più facile quando la “pancia” diviene “interessante”.
Se nei primi mesi si sono verificate nausee, a questo punto sono in genere scomparse, è quindi possibile prolungare e precisare la posizione seduta e la meditazione.

Le domande che guidano la pratica in questo periodo sono, in genere, suscitate dall’insegnante:
perché sto praticando yoga?
Cosa mi aspetto?
Qual è il mio impegno?
Quanto ci penso?
Questo è il momento in cui la pratica comincia a farsi selettiva; non tutte accettano di mettersi in discussione, di passare dallo stato di “cliente” di un corso di yoga a quello di “allieva” che non è solo lì per usufruire dell’impegno dell’insegnante ma che è anche disponibile ad impegnarsi a sua volta.
La pratica dello yoga in gravidanza non può essere separata dal momento del parto e quindi ancora nuove domande che aiutano la donna a precisarsi:
cosa voglio per il mio parto?
Cosa temo di sentire e cosa temo di non sentire?
Quale luogo è più vicino alle mie aspettative sulla nascita di mio figlio?
Lo yoga in tutto questo che ruolo ha?

Affrontare seriamente queste domande può suscitare a volte malessere, inquietudine e questo contrasta con l’idea che spesso si ha dello yoga come via di pace, di benessere.
La mia esperienza in questo campo mi conferma che praticare una via come lo yoga che porti ad una sempre maggiore consapevolezza di ciò che stiamo vivendo, non può non passare attraverso questi chiarimenti che richiedono di fermarsi, di domandarsi, di rispondersi. La relazione con l’insegnante in questa fase è fondamentale; a volte sono necessari una spinta, un incoraggiamento a farsi una domanda in più anche se la sensazione che ne deriva è sgradevole, ma non sempre le donne sono disposte ad accettare una relazione che non può, necessariamente, essere di parità con l’insegnante. Dopo molti anni vedo che uno degli ostacoli principali nella trasmissione dello yoga è proprio nel rendersi conto ed accettare che, in questa via, la relazione è tra insegnante e allieva e non tra insegnante e “cliente”.
Si può essere clienti di un corso di nuoto, di ginnastica, di stretching, ma lo yoga, se insegnato e praticato seriamente, affronta e spesso risolve, problematiche completamente diverse.
Questo però necessita di una relazione di fiducia e rispetto verso l’insegnante che non tutte le donne sono in grado di avere. Ciò che seleziona le praticanti mese dopo mese non è, come molte credono, la difficoltà fisica, ma piuttosto la serietà e l’impegno richiesti.